Potrebbero essere almeno cento, e non solo cinque, i morti del naufragio avvenuto mercoledì a venti miglia dalla coste libiche. A parlare di un numero così alto di dispersi sono stati alcuni dei 562 migranti tratti in salvo dalla navi della Marina militare e sbarcati ieri a Porto Empedocle e che ai soccorritori che li hanno accolti hanno raccontato di altre decine di persone stipate nella stiva del peschereccio di 13 metri sul quale stavano viaggiando.

Nonostante gli sforzi compiuti dagli equipaggi della Marina militare, l’ennesima strage di migranti potrebbe essersi consumata ancora una vota nel Mediterraneo. E non è stata l’unica. Almeno altre 30 persone sono morte ieri nel naufragio di un altro barcone partito dalla Libia e affondato a 35 miglia dal paese nordafricano, mentre 96 sono i migranti tratti in salvo dalla Guardia costiera.

Il timore che a bordo del peschereccio affondato potessero esserci altre vittime ha sempre accompagnato le operazioni di soccorso. Si sa, infatti, che i trafficanti riempiono il più possibile le carrette che utilizzano per i viaggi della speranza. Stive comprese, dove spesso finiscono i più poveri, chi non è in grado di pagare i duemila euro minimi richiesti per la traversata. Uomini, donne e bambini stretti come sardine e senza alcuna pietà nella stiva. Tra i superstiti arrivati ieri a Porto Empedocle (quasi tutti marocchini e tunisini più due famiglie siriane) e che hanno parlato di almeno un centinaio di persone mancanti all’appello c’è anche un coppia che ha perso in mare il figlio di appena sei anni.

Una strage dopo l’altra. L’arrivo della bella stagione e le migliori condizioni del mare incoraggiano le partenze dalla libia e soprattutto spingono i trafficanti a mettere in acqua il maggior numero di carrette piene di migranti. La conseguenza, prevedibile, è che molte si rovesciano, come il barcone con a bordo più di cento disperati affondato a 35 miglia dalle coste libiche. Un aereo portoghese in servizio con la missione europea EunavforMed ha individuato l’imbarcazione quando era già affondata ma ancora a pelo d’acqua e con almeno una cinquantina di uomini e donne aggrappati ai bordi. All’arrivo dell’aereo i superstiti hanno attirato l’attenzione agitando le mani e sventolando le magliette. I morti accertati, in questo caso, sono una trentina, mente 96 sono i migranti tratti in salvo dalle motovedette dalla Guardia costiera intervenute sul posto.

In questi giorni la sala di controllo della capitaneria di porto, a Roma, è un susseguirsi di allarmi Gli Sos arrivano dai cellulari in possesso dei migranti, poche parole per chiedere aiuto e indicare, quando è possibile, la posizione. Solo ieri sono state 22 le operazioni di soccorso portate a termine e che hanno permesso di mettere in salvo 4.000 migranti. A intervenire, oltre a sette unità della Guardia costiera,, due navi spagnole (una del dispositivo EunavforMed e una di Frontex) una nave della ong Sea Watch, tre mercantili e quattro rimorchiatori d’altura.

Di migranti si è parlato anche al G7 in corso a Ise-Shima, in Giappone, dove l’Unione europea ha sollecitato i leader riuniti nel summit perché sostengano economicamente il Vecchio Continente nell’affrontare la crisi. Ma il vertice è stato anche l’occasione per Matteo Renzi per tornare a parlare del «Migration compact», la proposta italiana di investimenti in progetti di cooperazione nei paesi africani per fermare i viaggi dei migranti, che ieri ha ricevuto il sostegno dei sette capi di stato e di governo. Il premier, che ha proposto di tenere in Sicilia (probabilmente a Taormina) il G7 del prossimo anno, ha infine definito «una menzogna», «il giochino di raccontare che il problema della sicurezza deriva dai rifugiati».