Era prima dell’alba, ieri, quando un operaio dell’Atac addetto alla manutenzione, un capo elettricista di 54 anni, stava cercando di riattivare un treno guasto delle linea Roma-Viterbo, uno di quei trenini malridotti che i pendolari chiamano «diligenze» e collegano su binario unico – come in Puglia – con ore di attesa i paesi della cintura nord della capitale con il nodo centrale della metro A al Flaminio.

L’Atac, l’azienda municipalizzata di trasporti di Roma, un colosso di 11.800 dipendenti, ha la flotta di superficie più vecchia d’Europa e i trenini della Roma-Viterbo, incrostati di fuliggine e ricoperti di tag e graffiti a mimetizzare lo sporco almeno all’esterno, risalgono addirittura agli anni Settanta. Non è chiaro, ancora, cosa sia andato storto nella rimessa del deposito dell’Acqua Acetosa, dove le squadre di manutentori lavorano prevalentemente di notte per restituire quel minimo corse e di servizio agli utenti alla mattina.

Sta di fatto che il capo operaio che stava lavorando al pantografo, quella sorta di trabiccolo a bracci movibili che collega la linea elettrica sospesa all’alimentazione della motrice, è rimasto folgorato da una corrente elettrica ad alto voltaggio che avrebbe dovuto essere scollegata. Lo hanno ritrovato i colleghi alle sette del mattino dopo averne atteso inutilmente il ritorno. Morto per arresto cardiaco con ogni probabilità, anche se sarà il medico legale a stabilire le cause ufficiali del decesso e il giudice a ricostruire la dinamica, ancora molto incerta, dell’incidente.

È questa la prima morte bianca all’Atac a memoria d’uomo. E di sicuro il capo operaio ha trovato la morte mentre stava facendo del suo meglio per restituire all’utenza, di questi tempi furibonda per le condizioni vergognose del servizio offerto dall’azienda pubblica, un treno in più, una goccia in più per lenire il caos dei trasporti nella capitale. Molti esponenti politici hanno espresso il loro cordoglio alla famiglia dell’operaio folgorato, incluso l’assessora ai trasporti della giunta pentastellata, Linda Meleo, protagonista nelle ultime settimane di un braccio di ferro che è costato il posto all’ormai ex direttore generale dell’Atac Marco Rettighieri, nominato dal commissario Tronca, proprio sullo stanziamento di 18 milioni promessi dalla giunta Raggi per la manutenzione dei treni e degli autobus. Né l’assessora né la sindaca sono state però avvistate sul luogo dell’incidente mortale.

«Non so cosa sia successo all’Acqua Acetosa ma posso dire che le nostre condizioni di lavoro sono pessime – dice Michele Frullo, delegato Atac del sindacato di base Usb – si lavora sotto pressione, schiacciati da una parte dall’utenza, comprensibilmente infuriata, ma non si contano le aggressioni verbali e fisiche a noi conducenti, e dall’altra dalla dirigenza, che ci chiede di operare anche in situazioni critiche, tamponare, salvare il salvabile, senza neanche dirti grazie». La vita media dei mezzi dell’Atac è 15, il doppio di quella «normale». Gli addetti alla manutenzione – che non è in appalto esterno come invece le pulizie – combattono con la penuria di pezzi di ricambio, lesinati dai fornitori a causa dell’accumolo dei debiti insoluti dall’azienda, tanto che su 2 mila autobus solo 800 sono quotidianamente circolanti.

Il delegato sindacale dell’Usb Frullo ha chiesto nei giorni scorsi un incontro urgente al nuovo dg nominato dalla giunta Raggi, Manuel Fantasia che intanto, parallela all’inchiesta della procura, sha avviato un’indagine interna. «Lo stato di abbandono in cui è stata lasciata l’azienda è colpevole – dice ancora Frullo – e il sospetto è che sia solo cedere il servizio ai privati. Siamo tutti molto preoccupati e ora anche scossi da questa morte».