Mercoledì scorso l’Académie des arts et techniques du cinéma si era detta «onorata» di avere Roman Polanski come presidente della cerimonia di consegna dei César, un «Oscar» nazionale riservato ai migliori film del cinema francese nell’anno appena trascorso.

 

 

La scelta del regista polacco, vincitore a sua volta di quattro César come miglior regista, ha però suscitato la polemica e la chiamata al boicottaggio di alcuni gruppi femministi francesi. Claire Serre-Combe di «Osez le Féminisme» si è detta furibonda di fronte alla «vergognosa» scelta dell’Academie: «Una mancanza di rispetto alle vittime di stupro». Le ha fatto eco la ministra francese per i diritti delle donne Laurence Rossignol, che – «scioccata e sorpresa» – ha biasimato la decisione della commissione: «Indifferente a un problema che resta a tutt’oggi molto serio».

 
La ragione dello sdegno è ovviamente la lunga e travagliata vicenda giudiziaria di Polanski. Su di lui pende negli Stati uniti un mandato di cattura per l’accusa di violenza sessuale contro una minorenne, che costringe il regista – da poco dichiarato «non estradabile» anche dal suo paese natale, la Polonia oltre che dalla Francia dove vive – a non tornare negli Stati Uniti dal 1977.

 
Quando nel 2009 , in viaggio verso un festival svizzero, era stato arrestato a Zurigo l’Academie dei Cesar aveva sottoscritto una petizione per il suo rilascio immediato, schierandosi contro la «trappola» tesagli dalla polizia. I quarant’anni trascorsi dai fatti, il perdono della vittima e lo stesso patteggiamento di Polanski – prima di fuggire dagli Usa per timore che il giudice rifiutasse l’accordo e lo mandasse in carcere – non hanno però placato la caccia alle streghe di chi pensa che l’ombra della colpa debba estendersi anche sul lavoro di Polanski e perseguitarlo per tutta la vita.

 
Lo ha difeso l’ex ministra della cultura Aurélie Filippetti in un’intervista: «Sono fatti risalenti a 40 anni fa, non si possono tirare fuori ogni volta che si parla di lui. È solo una cerimonia di premiazione. Polanski è un grande regista e merita di presiederla». Alain Rocca, membro del comitato per la selezione del presidente, ha chiamato l’invito al boicottaggio lanciato sui social media «un tentativo di infangare un’istituzione e un uomo come Polanski».