Raggiunto a Minsk l’accordo sul cessate il fuoco tra i partecipanti al Gruppo di contatto formato da rappresentanti di Kiev, Mosca, milizie del Donbass e Osce.

Prevista una fascia di sicurezza di 30 km, sotto controllo Osce, a partire dalla linea di contatto del 19 settembre. I mezzi corazzati di calibro superiore ai 100 mm dovranno arretrare di 15 km per parte; l’artiglieria di medesimo calibro, fino alla distanza della massima gittata. Dalla zona di sicurezza dovranno essere rimossi tutti gli sbarramenti minati e sopra di essa sono proibiti i voli sia militari, che di apparecchi stranieri.

Rimasto in sospeso lo status del Donbass.

Tra gli altri punti, il ritiro di mezzi, formazioni armate e mercenari stranieri, che non sembra «un modo diplomatico per indicare i russi impegnati al fianco dei separatisti», come scrive un quotidiano italiano, ma la constatazione, come ha detto il rappresentante russo ai colloqui di Minsk, Mikhail Zurabov, che «i mercenari sono presenti da entrambe le parti»: basti pensare ai neofascisti (anche italiani) che combattono nei battaglioni volontari.
Per quanto riguarda lo scambio di prigionieri (altro punto del memorandum di Minsk) ieri le parti vi hanno proceduto secondo uno schema di “38 contro 38”.

La reazione di Mosca ai risultati dell’incontro è stata moderatamente positiva, nonostante continuino finora sparatorie e colpi di artiglieria. Il Presidente del Comitato per la difesa e la sicurezza del Consiglio della federazione (la camera alta del parlamento russo) Evgenij Serebrennikov, ha dichiarato a RIA Novosti che l’accordo costituisce «un serio passo per la pace in Ucraina».

Nonostante i nuovi accordi non risolvano i problemi in modo cardinale – ha detto Serebrennikov – è tuttavia evidente il passo in avanti verso la tappa successiva dei colloqui, vale a dire lo status del Donbass. Un altro membro del Consiglio della Federazione, Valerij Shnjakin, ha detto che il momento fondamentale dell’accordo, ora che i rappresentanti delle Repubbliche popolari sono considerati parti in causa di pari diritti, è quello per cui «l’Osce, che si assume il compito di osservatore, esegua pienamente la propria missione, se necessario anche in modo duro. Ai prossimi colloqui si dovranno prevedere sanzioni per chi infrangerà le condizioni del cessate il fuoco».

Comunque, «si ha l’impressione – ha detto ancora Serebrennikov – che le autorità di Kiev non controllino pienamente le proprie formazioni armate».

Sta di fatto, che ieri tiri di artiglieria ucraini hanno colpito una fabbrica di munizioni non lontano da Donetsk e non lontano dalla strada su cui transitava il terzo convoglio di camion con gli aiuti umanitari russi alle popolazioni del Donbass che, comunque, completate le operazioni di scarico, in serata varcavano di nuovo la frontiera russa.

Da parte di Kiev, intanto, procedono a pieno ritmo gli scavi per il nuovo fossato che dovrebbe proteggere la frontiera con la Crimea: «Ancora poco e la Crimea diventerà un’isola» commentava ieri sarcasticamente NTV.ru. Le guardie di frontiera ucraine, continuava l’emittente, «hanno abbandonato la solita indolenza nei controlli del contrabbando che, a causa della crisi, è di nuovo fiorente, soprattutto per quanto riguarda i prodotti alimentari sottoposti a embrago, mentre si stanno febbrilmente dedicando a scavare il fossato con la Crimea».