Dopo il primo shock dovuto alla sparatoria e al massacro di Charlie Hebdo, il dramma francese ha suscitato in me una grande sorpresa, soprattutto per quanto riguarda il trattamento dei media e la reazione delle politiche europee. Mi sono subito domandata perché un crimine come questo è stato automaticamente associato all’Islam e per quale motivo i musulmani sono stati – implicitamente o esplicitamente – chiamati a spiegare, difendere la loro religione e persino a doversi giustificare di fronte a crimini efferati.
Quando Anders Breivic commise il suo attentato in Norvegia, l’intera nazione si indignò, ma nessuno associò quel massacro né alla destra del paese né al cristianesimo. Gli assassinii del Ku Klux Klan sono sempre stati assegnati al gruppo stesso, il cristianesimo ne è rimasto totalmente fuori. Come è possibile invece che, sistematicamente, i crimini commessi da estremisti jihadisti ricadano sempre sull’Islam e sui musulmani? Sapendo, oltretutto, che il maggior numero delle loro vittime appartiene al mondo musulmano. Da alcuni anni, in Europa si sta sviluppando una pericolosa tendenza e il dramma di Charlie Hebdo non può, purtroppo, che consolidarla. Vale a dire lo spostamento del discorso verso una guerra di civilizzazioni e la discriminazione crescente verso i musulmani. Le manifestazioni di Pegida in Germania, hanno dichiarato, in modo inequivocabile, che la loro motivazione principale è l’islamofobia. Così come sono inquietanti le dichiarazioni di Marine Le Pen quando si appella al ripristino della ghigliottina. In Gran Bretagna, le autorità stanno già lavorando sulla nuova formazione per gli educatori, per consentire loro di individuare una tendenza al terrorismo nei bambini, già a partire dall’età di 6 mesi! Certo, il tutto con l’intento «beneaugurante» di favorire una buona integrazione….Mi sembra paradossale difendere la libertà sottraendo proprio quella di viaggiare, comunicare, etc. I politici europei si sono riuniti a Parigi, dopo gli attentati, per discutere nuove misure per la protezione e la difesa. Non si può che sperare che non abbiano preso decisioni drastiche che potrebbero condurre alla perdita, per i cittadini europei, dei diritti acquisiti, come è avvenuto negli Stati Uniti dopo l’11 settembre. Se continuiamo a dividere e discriminare le minoranze in Europa, il terrorismo avrà già vinto non solo la battaglia, ma anche la guerra.

* Nadia Kaabi Linke è un’artista nata a Tunisi nel 1978 da madre ucraina e padre tunisino. Dopo gli studi in patria, ha continuato alla Sorbonne di Parigi dove ha vissuto per poi trasferirsi a Berlino. Il suo lavoro ruota intorno ai concetti di memoria, identità e sradicamento. Nel suo video «No», una folla riunita in preghiera recita in coro i formulari per l’immigrazione in Inghilterra, rispondendo negativamente alle minacciose domande delle autorità. A Berlino, è vincitrice di un progetto di sistemazione di una piazza nel quartiere di Neukolln (dove vivono in maggioranza immigrati): l’artista ha lavorato insieme agli abitanti che provengono da diversi paesi del mondo pavimentandola con sanpietrini che recano in sé la «memoria» famigliare e le radici di chi li ha posti in strada, sono una costellazione di storia e ricordi.