La bolla mediatica prodotta dagli annunci è riesplosa lunedì al meeting di Cl a Rimini quando il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini ha ripetuto, senza confermare nulla, che il governo presenterà venerdì prossimo «29 linee guida», una «visione» sulla scuola da oggi fino al «2038». L’autostima dell’esecutivo rischia tuttavia di deludere più di qualcuno. Venerdì non verranno presentati provvedimenti legislativi, ma proposte per una consultazione pubblica e online da svolgere entro novembre. Giusto in tempo per ingrossare la contestazione di piazza da parte di studenti e sindacati. L’Unicobas ha preannunciato uno sciopero il 17 settembre, gli studenti manifesteranno il 10 ottobre e il 14 novembre. La Flc-Cgil convocherà assemblee in tutti gli istituti, com’è avvenuto contro la riforma Gelmini nel 2008, poi nel 2010, infine contro la legge Aprea nel 2012. Lo spartito diventa ogni giorno più chiaro: Renzi liquiderà le mobilitazioni con una battuta sprezzante e tirerà la corda di una riforma dal sapore gelminiano a cui ha aggiunto il vezzo di un cancelletto su twitter.

Il ruolo del Pd

I due mesi previsti per la consultazione finiranno per acuire le tensioni. Ad oggi è prevedibile anche la strategia che seguirà il Pd, il partito che coprirà politicamente l’operazione gestita da Giannini che, dopo le europee, si è dimessa da Scelta Civica, un partito che non esiste più. «Non sarà una riforma calata dall’alto – ha detto ieri la vice presidente della Camera Marina Sereni – coinvolgerà i soggetti che operano nella scuola. Il governo riparte dalla necessità di un nuovo rapporto tra scuola e lavoro, tra scuola e cultura». L’appello all’unanimismo del Pd dovrà affrontare un imprevisto: Flc-Cgil ha rifiutato di partecipare alla consultazione. Segno che gli eventi potrebbero seguire un altro corso.

«Abolire il precariato»

[L’esigenza del governo è trovare una soluzione prima dell’annunciata sentenza della Corte di Strasburgo che comminerà al nostro paese una multa colossale contro lo sfruttamento dei 160 mila docenti precari. Per questo vuole «abolire il precariato», cioè le supplenze brevi dalle graduatorie di istituto, «senza eliminare fisicamente i precari». Una battuta infelice, quella del ministro Giannini, ma che si ridurrà ad un annuncio. L’esaurimento delle graduatorie dovrebbe avvenire attraverso un piano di immissioni in ruolo straordinario e pluriennale per 100 mila persone a partire dal 2017 fino al 2022, cioè dopo l’esaurimento del piano di immissione in ruolo vigente.

L’«estinzione» delle graduatorie d’istituto inizierà tra tre anni e avrà tempi a dir poco incerti considerati i numeri e le risorse. Partirà anche una riforma del reclutamento sin dall’università. Per il 2015 si parla di un nuovo «concorsone» che sarà ripetuto ogni due anni, come voleva l’ex ministro Profumo. Sarà una nuova occasione per creare disparità e ingiustizie tra i precari nelle graduatorie e i vincitori del concorso. Sempre che poi si trovino i soldi per assumerli, spalmandoli su più anni com’è accaduto per quello precedente.

Tra i progetti dell’esecutivo rientra la creazione di un «organico funzionale» e una «banca del tempo» gestiti da reti di scuole. L’esempio è quello realizzato nella provincia di Bolzano. Ai neo-immessi in ruolo non dovrebbe essere assegnata una cattedra fissa. Per un anno risponderanno «just-in-time» alle chiamate dei dirigenti scolastici per riempire i «buchi» delle supplenze nelle scuole del territorio. Anche per loro lo stipendio potrebbe restare bloccato per i primi 9 anni di carriera.

Valutare e punire

Si moltiplicano le voci sulla creazione di un sistema di valutazione nazionale delle scuole per settembre 2015 e sull’estensione delle prove Invalsi fino alla maturità. Un progetto perseguito da Francesco Profumo e da Maria Chiara Carrozza e contenuto in uno dei 37 punti della lettera della Commissione Ue al governo Berlusconi nel 2011. Si vuole così chiudere il cerchio con la riforma dell’università. Agli istituti scolastici «eccellenti» andranno più soldi, a quelli che non lo sono verranno tagliati. C’è tuttavia un’incognita: l’Invalsi potrà sostenere questa impresa colossale o il Miur potrà assumere un esercito di ispettori? Improbabile, in tempi di tagli e blocco del turn-over.

Un’altra partita riguarda il «modello tedesco», l’alternanza scuola-lavoro, da introdurre dal quarto anno dei tecnici e dei professionali con stage o apprendistato. Un’idea già presente nel «decreto del fare» del governo Letta sottoforma di «sperimentazione» e non lontana dal decreto Poletti che precarizza contratti a termine e apprendistato (sottopagato fino al 60% rispetto ai lavoratori pari grado). Si parla anche di «bonus» per le aziende e finanziamenti privati per i laboratori.

C’è poi l’idea di legare gli stipendi dei docenti di ruolo alla loro «produttività». Chi compete guadagnerà di più secondo una tripartizione stipendiale tra docenti ordinari, esperti e senior che dovrebbe sostituire il meccanismo degli scatti stipendiali e del contratto nazionale non rinnovato dal 2009. I «meno bravi», cioè coloro che non avranno accumulato punteggi e «meriti» verranno «puniti». Un’idea che per i sindacati della scuola è come il nefas della tragedia greca.

«Il mercato globale»

Chiara è un’altra aspirazione ideologica: riformare la legge sulla parità scolastica approvata nel 2000 dal centro-sinistra con Luigi Berlinguer, non in direzione di un rafforzamento della scuola pubblica, ma verso quella opposta: la detassazione per istituti privati e confessionali. «La legge del 2001 non è stata applicata e va ripensata per rispondere a un sistema educativo globale – ha detto Giannini – Il rapporto con le paritarie si risolve insieme senza pregiudizi ideologici». In questa visione, pubblico e privato competono «senza ideologie» come le imprese e il loro rendimento sul mercato «globale» verrà misurato dalle classifiche internazionali.