Ai 25mila uomini del fronte pro-governativo, composto dai soldati di Damasco ma anche da combattenti di Hezbollah, miliziani iracheni e pasdaran iraniani, le opposizioni rispondono con 8mila miliziani, quasi tutti riuniti il primo dicembre sotto una nuova federazione, l’Esercito di Aleppo, Jaysh Halab.

Voluto da Ahrar al-Sham, compagine salafita che prende parte al negoziato di Ginevra come opposizione “legittima” secondo l’Occidente, l’Esercito di Aleppo vede la partecipazione di unità dell’Esercito Libero Siriano (Divisione Settentrionale, 16° Divisione, Mountain Falcons Brigade), i turkmeni nazionalisti della Divisione Sultan Murad, i salafiti del Fronte del Levante e di Jaysh al-Islam, gli islamisti di Harakat Nour al-Din al-Zenki e la coalizione sunnita islamista l’Esercito dei Mujahideen.

Al neonato Esercito di Aleppo si aggiungono Jabhat Fatah al-Sham, ovvero l’ex al-Nusra (i qaedisti “pentiti” per ragioni di rebranding e ancora oggi principale guida del fronte anti-Assad), e l’alleanza jihadista Jabhar Ansar al-Din nata due anni fa da quattro gruppi islamisti radicali e di cui fanno parte, oltre a siriani, anche foreign fighters da Marocco, Arabia Saudita e Cecenia.