«Apriamo un tavolo, laico, senza vincitori né vinti. E discutiamo finalmente dell’opera. I tempi sono maturi per una riflessione seria sulla Torino-Lione, bocciata dal rapporto costi e benefici. In uno stato perenne di crisi come quello attuale, senza risorse agli enti locali e con un dissesto idrogeologico allarmante, ha senso sprecare tanti miliardi per un’opera di dubbia utilità? Il governo riapra la discussione, faccia questo passo, noi siamo disponibili ad affrontarla». Lo dice Sandro Plano, sindaco di Susa e voce autorevole delle istituzioni locali in Valle, di tutte quelle istituzioni che erano state estromesse, in quanto voci critiche, dall’Osservatorio tecnico guidato da Mario Virano.

La proposta di Plano ha come obiettivo quello di riportare un’attenzione oggettiva nei confronti dell’opera. Arriva il giorno dopo l’improvviso dietrofront del senatore Pd Stefano Esposito, che ha dichiarato di non voler più difendere un progetto che potrebbe costare oltre due volte e mezzo la spesa preventivata (da 2,9 a 7,7 miliardi di euro a carico dell’Italia). Il totem Tav viene così sbriciolato da uno dei più accaniti supporter e il fronte dei favorevoli si spacca. Forza Italia ne ribadisce l’indispensabilità, mentre uno degli strenui sostenitori, Sergio Chiamparino, presidente della Regione Piemonte, alza dubbi e chiede di poterci «vedere chiaro», per capire la «fondatezza delle nuove cifre». È in atto un riposizionamento? Forse.

Rimangono, per ora, in silenzio il ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi, uno dei sottoscrittori dell’accordo di programma con Rfi in cui sono state aggiornati i nuovi costi della tratta internazionale, e il premier Matteo Renzi. Il primo è atteso l’11 novembre in Commissione al Senato per far chiarezza sulle cifre. Il secondo, prima dell’investitura si era detto contrario al Tav, una volta a Palazzo Chigi si è, invece, conformato al pensiero mainstream. Senza entusiasmo, però. Ogni volta che era atteso a Chiomonte per la visita al cantiere della Maddalena, il presidente del Consiglio ha preferito soprassedere. Un segnale anche questo? Forse.

Intanto, in Parlamento il dem critico, Pippo Civati, e il coordinatore nazionale di Sel Nicola Fratoianni hanno chiesto una commissione d’inchiesta sulla Torino-Lione. Il senatore valsusino dei Cinque stelle, Marco Scibona, che già aveva chiesto una iniziativa simile, chiede di dar seguito alle parole e ai democratici di prendere posizione: «Il Pd dismetta l’omertà sul Tav, prenda coraggio e si schieri dalla parte della trasparenza, contribuendo ad approvare la commissione di inchiesta».

In Piemonte, è intervenuto il capogruppo di Sel in Regione, Marco Grimaldi: «In un solo giorno il senatore Esposito ha percorso dieci anni di dubbi di una vasta comunità. Tranquilli: non è “San Paolo”. La fermata Damasco non è sulla tratta Torino-Lione. Siamo però lieti che il dubbio sia dentro di lui. Lo diciamo da tempo: il costo delle grandi opere è determinante (per noi 2.9 miliardi non sono comunque pochi) e si può tornare indietro su qualsiasi decisione, come dice Esposito, basta pagare le penali». Grimaldi si rivolge poi a Chiamparino e prende in considerazione anche l’altra grande opera sul territorio regionale, il Terzo Valico: «Nello Sblocca Italia il collegamento ferroviario dei Giovi otterrebbe 200 milioni di euro, una cifra non certo sufficiente a coprire tutto il terzo lotto. Chiamparino chieda al governo che tale risorse finiscano nel piano regionale per la messa in sicurezza del territorio. L’alessandrino è stato recentemente colpito da un’alluvione, pare che i danni superino i trecento milioni. Le poche risorse che il Paese ha a disposizione vanno utilizzate per il dissesto idrogeologico».