Gli attacchi alle coop che gestiscono i beni confiscati alla camorra sono continui. Solo negli ultimi due mesi, sono stati rubati i computer nella casa sociale La Gloriette di Napoli confiscata al boss Zaza; nella fattoria Fuori di zucca di Aversa, gestita dalla coop Un fiore per la vita, sono spariti prima piccoli attrezzi agricoli e poi, attraverso un foro praticato sul muro di cinta, è stato sottratto il trattore. La struttura occupa 4 ettari su 21 del parco dell’ex ospedale psichiatrico (di proprietà dell’Asl), per il resto in stato di abbandono. Impiega soggetti a rischio di esclusione sociale, o che vivono un momento di difficoltà, nell’agricoltura sociale biologica. Annesso alla fattoria c’è anche un agriturismo: sottolio, confetture, paté, passate, pasta e olio serviti provengono o sono trasformati da strutture della Rete di economia sociale.

Lo scorso week end un incendio anche nel bene confiscato di Teano gestito da Nco – Nuova Cooperazione Organizzata. Giuliano Ciano è il presidente del consorzio Nco.

Cos’è successo a Teano?

Dieci ettari di pescheto su 25 andati a fuoco. Il terreno era appena stato pulito, pronto per la raccolta e per accogliere i ragazzi dei campi estivi di Libera. Il fuoco si è fermato proprio davanti a terreni privati, lasciandoli intatti. Giovedì è toccato alla Cleprin. Tagliano i tubi per irrigare, sparano sulla porta della pizzeria che gestiamo a San Cipriano d’Aversa, rubano materiale. Sono tentativi di intimidazione.

Il vostro lavoro è presidiare il territorio, fare impresa, combattere la camorra?

Bisogna stare attenti a non farsi trascinare in ruoli che non ci appartengono. Il contrasto ai clan spetta alle forze dell’ordine, che ci consentono ogni giorno di svolgere i nostri compiti. Non siamo neppure imprenditori in senso classico. Non siamo «anti qualcosa», spesso un’etichetta da appiccicare. Diffondiamo diritti e cultura contro l’economia criminale, l’esito è un processo che parte dagli ultimi, e li tiene al centro, per generare un sistema di lavoro, scambi e relazioni sostenibile e umano. Ad esempio con il progetto «Terra trasformata» realizziamo sottolio, confetture e altro dando lavoro a sette persone svantaggiate ma forniamo anche un servizio in conto terzi che è aperto ai produttori della zona.

La camorra vi bersaglia costantemente. Perché siete un nemico così temibile?

La Nco riunisce 5 coop, circa 150 persone impiegate, ma il movimento è più vasto e in Campania coinvolge un migliaio di persone in diversi progetti a cominciare dai campi studio per i ragazzi. Quello che facciamo davvero è veicolare consapevolezza contro l’economia criminale. Quando lo stato e l’opinione pubblica si sono accorti che i clan erano diventati imprenditori e l’Italia, da nord a sud, era piena di «colletti grigi» collusi, noi sapevamo già che erano allo stadio successivo: alta finanza, economia speculativa e investimenti all’estero. Noi creiamo un circuito completamente differente, dove la camorra è esclusa. Prendiamo beni sottratti ai loro patrimoni e li restituiamo alla collettività.

È difficile a volte renderli produttivi: come ci riuscite?

Riusciamo a sostenere le nostre attività perché lavoriamo in più settori: agricoltura; turismo con pacchetti che includono il soggiorno nelle nostre fattorie; ma anche formazione, comunicazione sociale, energie rinnovabili, raccolta e recupero di materiale di scarto e indumenti.