Arriva da Oltretevere l’ennesimo No alla proposta del ministro degli Interni Marco Minniti di riaprire i Centri di identificazione ed espulsione. Dopo la Caritas, la Fondazione Migrantes e il Centro Astalli ieri a pronunciarsi contro i Cie sono stati direttamente i vescovi italiani per bocca del segretario generale della Cei monsignor Nunzio Galantino, contrario alla riapertura delle strutture se, ha detto, «dovessero continuare a essere luoghi di trattenimento e reclusione».

Una bocciatura pesante. Monsignor Galantino ha ricordato come, oltre al mondo cattolico, a dirsi contrari ai Cie siano stati finora anche numerose associazioni impegnate nella solidarietà sociale, oltre a giuristi «impegnati da anni nella tutela e promozione dei migranti». No quindi a strutture chiuse, «anche se con pochi numeri di persone, senza tutele fondamentale, che rischiano di alimentare fenomeni di radicalizzazione e dove finiscono oggi, nella maggior parte dei casi, irregolari dopo retate, come le donne prostitute, i migranti più indifesi e meno tutelati».

I vescovi prendono atto delle precisazioni fatte dal ministro Minniti, successivamente all’annuncio della riapertura dei Cie, di voler garantire condizioni di vita e di detenzione dignitose, contrariamente a quanto troppo spesso avvenuto in passato, all’interno delle strutture. Così come sono consapevoli dei distinguo posti dai sindaci italiani, per i quali nei centri dovrebbe essere internati in attesa di essere espulsi solo migranti irregolari che hanno compiuto dei reati e per questo potenzialmente pericolosi per la società. Questo però non basta, anche se portano monsignor Galantino a esprimere un «no condizionato» dalla verifica di quanto accadrà. L’importante – ha proseguito il segretario generale della Cei – è che i Cie «non diventino parcheggi abusivi e malgestiti».

Ma la cosa importante per i vescovi a riuscire ad organizzare uan «accoglienza diffusa» nel territorio dei migranti. In pratica un sostanziale via libera la piano messo a punto nelle scorse settimane dal Viminale con l’Anci, l’associazione dei comuni italiani e soprattutto non chiudere tutte le possibilità di entrare legalmente in Italia e in Europa. Sul primo punto, Galantino ha ricordato come si tratti di «accogliere alcune persone che e famiglia in fuga, due su tre delle quali potrebbero fermarsi solo alcune settimane o mesi». Per quanto riguarda la chiusura delle frontiere«è contraddittorio chiudere forme e strade per l’ingresso legale e poi approvare leggi per combattere lo sfruttamento lavorativo e il caporalato».

Intanto dopo i viaggio di Minniti in Libia, il Movimento 5 stelle ha chiesto al ministro degli Interni di presentarsi in parlamento per riferire sui contenuti dell’accordo siglato con il premier libico Serraj per fermare le partenze dei migranti dalla Libia verso l’Europa. Un chiarimento necessario, affermano in una nota congiunta deputati e senatori M5S delle commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato – «visto che a quanto pare dal governo di Tobruk non arrivano certo rassicurazioni, men che meno dal generale Haftar».