«Sono stato interrotto». Michael Cimino, come Nicholas Ray, avrebbe potuto affermare di essere stato interrotto da Hollywood. Un’interruzione all’apice del suo potere creativo. Come Erich Von Stroheim, Cimino ha da un lato evidenziato cosa è possibile realizzare a Hollywood e contemporaneamente tutto ciò che Hollywood non vuole (più) che sia realizzato. E nonostante buona parte della critica si ostini a considerare il cinema che è venuto dopo Il cacciatore e I cancelli del cielo come «note a pié di pagina», Cimino non ha mai realizzato un film che non fosse riconducibile al suo inconfondibile gesto filmico. La lunga conversazione realizzata in un caldo pomeriggio bolognese di qualche anno fa, in collaborazione con Rinaldo Censi, ci ricorda la generosa umanità e lo slancio privo di remore di un artista e cineasta unico e indimenticabile.

Lei filma gli uomini e i luoghi come se fossero fatti della la stessa materia.

C’è bisogno di grande coraggio per filmare fra le montagne. Quello che intendo è che quando ti ritrovi con un piano di lavorazione ben preciso, da cui non c’è scampo, perché sapete come dice la gente del cinema, no?, «Il tempo è denaro», allora devi fare delle scelte. Da regista ti tocca affrontare un carico inaudito di pressioni provenienti da tutte le parti: «Vai veloce, sbrigati! Più veloce! Siamo in ritardo!». Fin tanto che ti attieni al piano di lavorazione lo studio sta alla larga. Ma non appena sfori di un solo giorno, si precipita su di te per farti stare nei tempi. Uno dei modi per controllare sempre il tuo film è riuscire a essere qualche giorno in anticipo sul piano di lavorazione. Ma quando ti trovi a filmare fra le montagne, quelle vere, le grandi montagne in Arizona, nel Montana, Colorado, devi rispettare la montagna. Gli scalatori dicono: «Se non la rispetti la montagna ti ucciderà!». Quando filmi è la stessa cosa. Puoi avere in testa un’idea millimetrica di quello che vuoi fare, di come vuoi organizzare la messinscena intorno a una montagna, ma proprio quando hai chiamato gli operatori, i tecnici e gli attori per girare la scena, ecco che una nuvola copre la montagna e quella magnifica luce che avevi a tua totale disposizione è scomparsa. Che fai adesso? Sei costretto a scegliere: filmo con una luce non buona oppure aspetto per avere una luce migliore? La montagna mette alla prova il tuo coraggio. È come se dicesse: «Vediamo se sai aspettare…». Ti sfida, ti provoca come farebbe una donna: «Aspettiamo e vediamo cosa farai…». E tu aspetti, aspetti, aspetti… e l’addetto alla produzione scalpita, urla che sei in ritardo, che si rischia di sforare il budget, che rischi di essere licenziato. Poi all’improvviso sembra che la luce buona stia per tornare: «Ok: tutti ai vostri posti! Pronti per girare!», ma la nuvola ritorna e non c’è niente da fare. È una prova infinita. Però se hai il coraggio di aspettare allora la montagna ti ricompensa con la sua bellezza e puoi avere l’immagine che desideri (si ferma, ndr). Ogni volta che lavoro fra le montagne, alla fine della giornata dico: «Grazie, montagna (congiunge le mani e se le porta al volto abbassando lievemente la testa e dopo una pausa continua con voce commossa,ndr). Grazie per avermi donato la tua bellezza» e le offro una preghiera. Questo è il motivo per cui John Ford è stato in grado di catturare la bellezza della Monument Valley. Nessun altro c’è riuscito. Nessuno. Nessun altro che si è recato nella Monument Valley dopo John Ford è riuscito a filmarla. Nessuno, dopo Ford, è mai riuscito a fare un film convincente nella Monument Valley., perché lui quel posto lo amava. In Verso il sole si vede un cartello che dice «You’re entering Monument Valley». In realtà non ci abbiamo mai girato. Il luogo dove siamo stati si chiama Professor Valley (ride, ndr). Ho troppo rispetto per John Ford per filmare nella Monument Valley. Come saprete, per me la Santissima Trinità è Ford-Visconti-Kurosawa. Nessuno ha filmato il paesaggio italiano meglio di Visconti. Nessuno meglio di Kurosawa ha filmato quello giapponese e nessuno meglio di Ford quello americano. Ho fatto un voto: non filmerò mai nella Monument Valley perché Monument Valley è John Ford. Prima di iniziare Verso il sole ho fatto un pellegrinaggio speciale alla Monument Valley e nel libro dei visitatori ho scritto «God Bless John Ford».

Già nel suo primo film c’era un senso fortissimo del paesaggio, quasi manniano…

Quando lavoravo con Clint Eastwood per Una calibro 20 per lo specialista lui aveva quarantaquattro anni io ne avevo quindici (splendida bugia, in realtà Cimino ne aveva trentuno, ndr). Un giorno gli chiesi: «Clint sei contento di come sta venendo il film? Pensi che ci siano delle cose che dovrei fare per renderlo migliore?». Lui mi rispose: «Michael non ti preoccupare: quello che voglio da te è la tua visione. Quello che hai messo sulla pagina voglio che me lo porti sullo schermo!». Nessun altro mi ha più detto una cosa simile da allora. Clint una volta mi ha confidato: «Sai, ho lavorato con moltissimi registi. Ma pochissimi sapevano come portare lo scope sullo schermo. Alcuni di loro si sono trovati di fronte alle montagne più belle del mondo e quando le hanno filmate sembravano, con tutto il rispetto possibile, della merda! Tu sai come portare lo scope sullo schermo e io voglio che tu lo faccia». Le montagne sono come le donne: se ti avvicini troppo non vedi nulla, se ti allontani troppo le perdi… Per quanto mi riguarda, ho una specie di relazione perfetta con la mia macchina da presa e le montagne. ù

Vorrei farle una domanda su «Il Siciliano», un film che amo moltissimo.

Oh che Dio ti benedica! Ho lavorato così duramente su quel film, ho studiato tanta di quella documentazione su Giuliano! Ho sempre tentato di spiegare alla gente che quando Salvatore Giuliano era al culmine della sua fama era giovanissimo: aveva vent’anni! E quando fai un film su una persona che ha vent’anni non è la stessa cosa che farne uno su un cinquantenne. Era come Michael Collins che aveva vent’anni quando doveva affrontare la divisione territoriale dell’Irlanda e discutere con Churchill. Collins era come un piccolo motoscafo schiacciato da corazzate gigantesche. Per Giuliano è la stessa cosa: un giovane impulsivo, pazzo e, prima che ingrassasse, molto bello. Possiedo una copia di Life Magazine con Giuliano in copertina e la prima cosa che ho pensato vedendola è stata: Paul Newman! Indossava lo stesso spolverino che poi ho messo nel film facendolo rifare a Tirelli a Roma. L’impermeabile di Pisciotta? Identico a quello che ho fatto rifare per il film. Sono andato alla Rai a vedere i cinegiornali e i documenti dell’epoca per capire com’era Giuliano. Era famoso proprio perché era giovane e impulsivo. Era solito comparire nei night club di Roma, di Napoli e presentarsi ad alta voce dichiarando: «Sono Salvatore Giuliano!» proprio come fa nel film. Non me lo sono inventato! Scandalizzava la gente con le sue trovate e poi scrisse una bellissima lettera indirizzata al presidente Truman chiedendogli di annettere la Sicilia e farla diventare uno Stato americano. Voleva essere americano, Giuliano! E alla fine dei suoi giorni stava addirittura trattando con un produttore cinematografico americano per realizzare un film ispirato alla sua vita. Nella scena del film in cui Christopher Lambert balla con Giulia Boschi, ambientata nello yacht club di Mondello, appena fuori Palermo, abbiamo tentato di ricreare un’atmosfera in stile orchestra di Glenn Miller. Poi abbiamo scoperto che Glenn Miller ha suonato davvero in quel posto! Tutte le comparse che ci sono nel film sono le stesse che ha usato Luchino Visconti per Il gattopardo. Nella scena del night ci sono le persone che erano presenti quando ballavano Angelica e Tancredi dal principe Salina. E indossavano tutti gioielli autentici. Metà della sala era occupata dalle famiglie aristocratiche siciliane; l’altra metà dalle famiglie mafiose (ride, ndr). Quando Chris ha fatto il suo ingresso dichiarando:«Sono Salvatore Giuliano», tutti gli aristocratici hanno continuato a bere champagne come se nulla fosse. Allora sono andato da uno dei miei amici e gli ho chiesto: «Ma perché non reagite? È appena arrivato Salvatore Giuliano! Perché non vi comportate come se lo aveste appena notato ?». E lui: «Ma Michael è proprio quello che stiamo facendo: non gli prestiamo attenzione!» (ride, ndr).

Ho sempre ritenuto «Il Siciliano» come il sogno di un uomo, il sogno della vita di un uomo…

Un uomo giovane, non dimenticare! Un giovane! Ho sempre avuto in mente l’idea di realizzare il film come un’opera. Ho avuto la fortuna di avere Joss Ackland per il ruolo di don Masino Croce e l’ho fatto vivere per un mese presso un mio «amico» molto anziano di Castellamare di Stabia. I figli di quest’uomo, i suoi nipoti, sono tutti nel film. Questo mio amico aveva l’abitudine di portare Joss con sé in lunghe passeggiate tenendolo per il gomito in modo tale che non potesse muoverlo (si alza e imita la presa del gomito chiedendo: «Riesci a muoverti?», ndr). Volevo che Joss vivesse con lui per imparare ogni sfumatura della vita di questa gente. E a questo proposito voglio raccontare una storia molto divertente. L’attore che interpreta Adonis, Richard Bauer, è un interprete teatrale molto bravo che ha fatto pochissimo cinema e che ho chiamato di nuovo sul set di Verso il sole. Insomma: Richard arriva in Sicilia e deve interpretare il ruolo di un personaggio fortemente claudicante. Ci mettiamo a discutere del suo ruolo e lui mi chiede: «C’è un tipo particolare di zoppia che vuoi?». Io gli dico che tutti gli zoppi che ho visto al cinema non mi hanno mai convinto. Mi sono sempre sembrati finti, teatrali. Così gli propongo di andare da un osteopata che curava alcune delle famiglie siciliane più rispettate e che ci era stato consigliato da un amico. Il medico ci spiega come evitare gli errori più ricorrenti commessi dagli attori che interpretano persone claudicanti. Richard aveva veramente voglia di fare un buon lavoro, considerato che Joss stava a Castellamare, che Chris frequentava i grandi matrimoni mafiosi e che Terence stava da un altro amico mio: vivevano tutti con le persone che avrebbero dovuto interpretare. Volevo che tutto fosse il più autentico possibile. Così, molto tempo prima delle riprese gli dico: «Richard, desidero che tu faccia una cosa per me». E lui: «Dimmi Michael, per te tutto». «Voglio che tu zoppichi come un vero zoppo». «Non ti preoccupare: ce la metterò tutta!». «No. Io voglio che tu zoppichi quando vai a dormire, quando mangi, quando ti lavi i denti, quando non giriamo, quando ti riposi, sempre!». Visto che mi guarda terrorizzato gli spiego che mi aspetto un grande lavoro da lui. Il giorno dopo Richard si presenta da me con un bastone zoppicando. Capii che l’avevo convinto e per tutta la durata delle riprese non lo ho mai visto camminare senza zoppicare. L’ultimo giorno di lavorazione ci siamo recati in un paesino molto vicino all’Africa dove abbiamo girato la scena dell’addio fra Giulia e Chris, con lui che la mette sulla nave e così via. Al molo c’era questa bellissima statua della Madonna che aveva ai piedi una luna blu al neon. Poco dopo l’addio, la scena con Giuliano che si scontra col professore, con Richard. Giuliano lo lascia per terra e lui urla: «Il popolo non vuole la terra, vuole il pane!». Quando abbiamo finito la ripresa era quasi l’alba, c’era una luce bellissima e c’era anche la luce blu della Madonna, un’atmosfera quasi magica. Allora grido: «Cut! It’a wrap!». Non appena ho pronunciato queste parole Richard, che si trovava ai piedi della Madonna, lancia un urlo, getta in aria il bastone e si mette a camminare! La troupe è sbigottita, convinta di trovarsi di fronte a un miracolo! «Oh mio Dio! Un miracolo!» (scoppia fragorosamente a ridere, ndr). Tutti urlavano: «Cammina! Cammina! È un miracolo!». È stato fantastico. Veramente fantastico! Vi giuro: è tutto vero!

Chi ha boicottato «Verso il sole»?

Quello che purtroppo accade a Hollywood è che i responsabili degli studios, gli executive, cambiano in continuazione, e proprio come accade in politica, i successori tentano fanno piazza pulita dei programmi dei loro predecessori. Per mia sfortuna, Verso il sole fu messo in produzione da una persona che poi è stata allontanata – proveniva dalla compagnia di Michael Douglas – e sostituita da un’altro, David Madel, un individuo detestabile. Ovviamente il suo desiderio era quello di uccidere il film. Ma era troppo tardi, tutti i contratti erano già stati firmati, compreso quello di Woody Harrelson, il budget era stato approvato e così via. Non ha potuto quindi impedire che il film si facesse ma ha tentato di boicottarlo con tutte le sue forze. E nonostante avessi l’approvazione della compagnia, è riuscito a convincere il capo dello studio a tagliare di un terzo il nostro budget due settimane prima che iniziassero le riprese! Per questo siamo stati costretti a rinunciare a ben due settimane di lavorazione! Siamo stati costretti a lavorare così velocemente che in alcuni casi siamo riusciti a filmare nove pagine di sceneggiatura in un solo giorno! Pensa che Woody Harrelson un giorno è venuto da me e mi ha detto: «Michael, non ho mai lavorato a questa velocità. Nemmeno in tv!».

«Verso il sole» non sembra per niente un film che è stato realizzato velocemente.

Abbiamo girato in quattro stati: in California, nel ghetto di Compton, a Beverly Hills, da lì ci siamo spostati nel deserto, in Arizona, poi siamo andati nello Utah. Dopo è stata la volta del Missouri, tutte location molto difficili. Infine siamo andati in Colorado dove abbiamo girato le scene con l’anziano pellerossa a un’altitudine di tredicimila piedi (quasi 4000 metri sopra il livello del mare, ndr). Quando appare l’indiano, noi stavamo lì, a tredicimila piedi d’altezza, con le nostre macchine da presa. Non ci sono trucchi è tutto vero. Passavamo da un giorno all’altro dai 42 gradi del deserto e poi, boom!, al gelo dei tredicimila piedi delle montagne del Colorado! Pensa che in Montana c’è un vento, lo Chinok, che riesce a raggiungere novanta miglia orarie. Se scendi dalla macchina e non chiudi la portiera rischia di essere strappata via dal vento.

«Verso il sole» è stato invitato al Festival di Cannes.

Sì e ha ottenuto un successo inaspettato e straordinario. Ma per nostra sfortuna il presidente della giuria era Francis Ford Coppola. Non c’era un giorno in cui non stava sui giornali a parlare contro la politica degli studios, una cosa curiosa se pensate che Francis non ha mai fatto un film al di fuori degli studios di Hollywood! Lui pensa di essere un cineasta indipendente ma non lo è! Aveva vinto due Oscar prima ancora che io entrassi nel mondo del cinema …

Come dicevo per Verso il sole sono impazziti tutti e alla Warner Bros erano molto contenti. Però c’era la New Regency, la società del tizio che ha tentato di bloccare Verso il sole, provvedevano al finanziamento di alcuni titoli della Warner che in cambio distribuiva alcuni dei loro film. Nel caso di Verso il sole, la New Regency controllava tutto l’aspetto promozionale e distributivo del film. Vista l’accoglienza al festival, il tizio in questione all’improvviso è diventato il migliore amico. Era diventato tutto un «Oh Michael di qui, oh Michael di là». Aveva passato un anno a cercare di uccidermi, mi ha costretto a rischiare il mio denaro e adesso si presentava come il mio migliore amico! Tra l’altro i soldi che ho speso per fare il film non mi sono mai stati restituiti. Non mi ha mai pagato! Mi ha costretto a usare tutto il mio denaro e quando gli chiesto: «Perché ti stai comportando così?», lui mi ha risposto: «Perché ti voglio spaventare Michael». Come se non fossi stato già abbastanza preoccupato, con dieci milioni in meno di budget e un piano di lavorazione tagliato di due settimane. Però ecco, di fronte all’entusiamo della Warner e del pubblico David doveva fare ’buon viso a cattivo gioco’. A questo punto entra in scena Francis e dà fiato alla sua enorme bocca: «Cimino e Verso il sole non hanno bisogno di un premio. Sono il prodotto di un grande studio hollywoodiano. La Palma d’oro la dobbiamo dare a un piccolo film indipendente perché hanno bisogno di essere sostenuti. Verso il sole è un film della Warner Bros: non ha bisogno di un premio!». Ti giuro: l’avrei voluto uccidere! Così, il tipo che invece voleva uccidere me, ritorna alla carica: «Ah, il film non riceverà un premio! Allora è meglio risparmiare sulle spese di promozione…». Detto e fatto: non ha speso un solo dollaro per far sapere alla gente che il film esisteva. Negli Stati Uniti Verso il sole è uscito in una minuscola sala di un piccolo centro commerciale ma per leggere l’annuncio sui giornali avevi bisogno di microscopio tanto era stampato in piccolo! David non ha potuto impedire che il film si facesse, non ha potuto impedire che il film andasse a Cannes, non ha potuto impedire che piacesse al pubblico ma quando Francis ha fatto sì che il film non vincesse la palma d’oro, e il voto del presidente vale doppio, David è riuscito finalmente ad ammazzare il film nella distribuzione. È tutta colpa di Francis purtroppo.