Proprio oggi, nel più importante festival africano continentale, a Cartagine sarà presentato Narcisse, di Sonia Chamkhi in competizione per il Tanit d’oro tra i film d’esordio. Les Journées Cinematographiques de Carthage che si tengono dal 21 al 28 novembre propone tra l’altro un omaggio alle cineaste egiziane e alla scrittrice e cineasta algerina Assia Djebar. Non è certo una principiante Sonia Chamkhi, laureata alla Sorbona, docente universitaria, scrittrice e autrice di documentari che hanno fatto scalpore. E lo farà certamente anche il suo film, forse tra i primi della sua area (il primo, dice) a tematica omosessuale, ambientato in un cabaret, protagonista un celebre cantante (ed era dedicato alla musica popolare dalle radici ancestrali il suo primo documentario). A Firenze abbiamo visto il suo documentario Militantes che ci mostra, in un paese dove il 60% degli universitari sono donne, un panorama delle tunisine più impegnate politicamente nella storia del paese, durante la rivoluzione, al momento delle prime elezioni (perse) e delle seconde (vinte) a dispetto di campagne diffamatorie e del fatto che gli uomini ammettono sì donne militanti, basta che non vogliano diventare leader.
Le donne tunisine sembrano essere l’eccezione nel mondo arabo, insieme alle libanesi: nel film si vede come questo derivi dall’aver avuto Burghiba come grande uomo politico (pur con i suoi limiti, infatti durante la sua presidenza sono state imprigionate e torturate donne di sinistra): ha tolto il velo, ha istituito l’istruzione obbligatoria, introdotto il divorzio, eliminato la poligamia, concesso l’aborto nel 1970. Dopo la vittoria degli islamisti nel 2011 quando qualcuno ha proposto di toccare quei diritti, le donne sono scese in strada a protestare a migliaia per giorni. «La vittoria del 2014 dimostra che quando ci si mobilita si può vincere, dice Sonia Chamkhi. Nel 2014 le donne hanno fatto perdere gli islamisti. Militantes è il mio quinto documentario, nasce con un budget piccolissimo, per parlare dell’impegno delle donne subito dopo la rivoluzione quando, sciolto il partito unico, sono nati altri raggruppamenti e partiti impegnati a scrivere la nuova costituzione del paese. Molte donne presentano la loro candidatura, appartenenti a schieramenti di destra, di sinistra e del partito islamico che poi vincerà le elezioni. Il film è anche un’occasione per visitare la nostra memoria storica, io stessa se ho potuto studiare è grazie all’impegno dele donne del passato». Più precisamente: «Lo abbiamo realizzato per accompagnare gli avvenimenti subito dopo la destituzione di Ben Ali, nel 2011, quando sono sorti 123 partiti, era la prima volta nella storia della Tunisia che si presentavano donne candidate, quindi ho deciso di accompagnare la campagna elettorale, raccontare il loro percorso di militanti. In Tunisia non si sa nulla di questo, non ci sono archivi su questo argomento. Ho ricostruito la storia delle militanti in Tunisia: si tratta di avvocati, medici, professori. Sono donne che vengono dalla sinistra, tranne quella del partito islamico, lottano, poi perdono perché gli islamici hanno molti più soldi: li hanno portati gli islamici tornati dopo la rivoluzione dall’Inghilterra, dagli emirati. Nel 2014 si costituisce il partito progressista che raccoglie tanti partiti di sinistra e anche conservatori illuminati. Lo votano il 62% delle donne. Le militanti viste nel film sono diventate nel 2015: una ministro della cultura, una presidente della transizione alla democrazia, una è consigliera del presidente. Quello che ha fatto la differenza è che le donne si sono mobilitate e si sono unite».