La strategia è duplice: la scelta del silenzio prudente o conveniente o la derubricazione a «casi isolati» con annesso lo sveltolio di presunti «anticorpi» per resistere. Nella storia d’Italia – dalla Sicilia alla Lombardia, dalla Calabria all’Emilia Romagna – su mafie e corruzione è sempre stato così. Ed è sempre stato un fallimento, come certificano i fatti che tutti abbiamo sotto gli occhi.

A Roma sta accadendo la stessa cosa, segno che l’esperienza insegna soltanto nei proverbi. Nelle ultime 72 ore il Ros è tornato dentro il Campidoglio, sono scattati nuovi arresti per mazzette e sono stati risolti tre omicidi compiuti «con metodo mafioso». Fatti che si aggiungono a condanne e inchieste (su ‘ndrangheta, camorra e mafia capitale) che descrivono un quadro criminale pesante e un sistema politico, economico e sociale fragile e penetrabile quando non compromesso. Non supposizioni, ma circostanze che la magistratura sta ricostruendo pezzo per pezzo davanti a una città che alterna l’indifferenza al timore di conoscere la verità su se stessa. Non congetture, ma assenza di servizi, tensioni sociali e diritti negati a tutto danno dei romani.

Di fronte a questa situazione, le classi dirigenti diffuse sempre in ritardo rispetto ai magistrati, incapaci – evidentemente – di leggere i processi, incredule (o forse spaventate) di fronte al radicamento delle mafie hanno scelto – certo, con sfumature diverse – il basso profilo. Perché se è vero che non bisogna generalizzare né cedere all’ottuso giustizialismo, è altrettanto vero che nessuno (le eccezioni si contano sulle dita di una mano) ha fatto dell’antimafia un punto di osservazione della realtà, un punto vista per svolgere la propria azione pubblica. Per convenienza o forse perché convinto che di mafia si debbano occupare gli «specialisti» e non tutti coloro che lavorano per il funzionamento democratico del Paese. Per scoprirlo, basti mettere in fila le dichiarazioni sulle «mele marce», la delegittimazione dei magistrati, il riposizionamento opportunistico di pezzi di politica e società, l’invocazione della magistratura o dell’Autorità anticorruzione come panacea di tutti i mali, certi eventi pasticciati che ci sono stati propinati. Anche lo shock provocato dall’inchiesta «Mondo di mezzo» insomma è stato un’occasione sprecata.

Dai cittadini, come spesso accade più avanti delle classi dirigenti, in queste ore arriva un’altra opportunità. Oggi e domani la Capitale ospiterà infatti «Spiazziamoli – 50 piazze contro le mafie», la più grande e partecipata risposta a Mafia Capitale, un grande esperimento di democrazia (sempre «detta», mai promossa e praticata). La grande partecipazione di questi due giorni – per una volta non esistono adesioni formali, chi ha aderito ha organizzato un evento – con oltre 100 associazioni e comitati che si sono messi in moto – dal centro alla periferia, in tutti i municipi – dimostra che esiste un pezzo importante di città consapevole del radicamento delle mafie e del consenso sociale di cui godono anche in settori insospettabili, del loro impatto sull’economia e il sociale e che di fronte a tutto questo ha deciso di mettersi in gioco.

Ciascuno con la propria sensibilità e il proprio linguaggio: in due giorni ci saranno assemblee e performance, biciclettate e camminate, sport e teatro, giochi di piazza e proiezioni cinematografiche. Sarà una presa di parola collettiva, una giornata di protesta e di festa. Sarà anche la sperimentazione di un nuovo modello di antimafia popolare e diffusa.

In una fase storica e politica di transizione, di crisi economica e sociale, le cittadine e i cittadini, le associazioni che hanno promosso «Spiazziamoli» avviano una grande discussione pubblica e senza sconti sull’economia, il sociale e la politica. Sulla città e il suo futuro. Sul Paese. Una discussione necessaria a cui le istituzioni e i partiti, il mondo dell’impresa e delle professioni, il mondo del lavoro non possono più sottrarsi.

Una prima sede possibile? Consigli sulle mafie – a tutti i livelli – aperti a cittadini e associazioni. Sempre evocati, mai celebrati. Come insegnava Paolo Borsellino, per combattere (e finalmente sconfiggere) la mafia bisogna conoscerle e cominciare a parlarne. I cittadini hanno iniziato a fare la propria parte. E non faranno più passi indietro.
Su www.spiazziamoli.it l’elenco di tutte le iniziative organizzate a Roma