Cinque persone arrestate a Molenbeek, nella periferia di Bruxelles. Altri sei, familiari del primo jihadista identificato, Omar Ismail Mortefai, fermati nella periferia parigina di Courcouronnes.

Una delle auto utilizzate dagli attentatori parigini, una Seat nera, ritrovata a Montreuil con a bordo tre kalashnikov, cinque caricatori pieni e undici vuoti. E un ricercato: il belga Abdeslam Salah, fratello di due presunti attentatori (uno sarebbe morto nella sparatoria a boulevard Voltaire).

In estrema sintesi, è questo il bilancio della giornata di ieri sul fronte delle indagini. Alle quali va aggiunto un particolare: il passaporto intestato al siriano Ahmad Almohammad, siriano sbarcato in Grecia il 3 ottobre e passato per la Serbia e la Croazia con molta probabilità sarebbe falso, poiché il numero sarebbe falso e la foto non corrisponderebbe. Mentre appartiene a uno dei feriti il passaporto egiziano in un primo momento attribuito a un membro del commando.

La pista che dal Belgio porta a Parigi attraverso la Siria pare al momento la più accreditata. Uno dei due uomini fermati nei pressi del metro di Osseghem, a Bruxelles, “sarebbe il fratello dell’uomo che aveva noleggiato in Belgio l’auto (una Punto nera, ndr) poi abbandonata davanti al Bataclan”, la sala da concerti in cui sono state uccise 89 persone venerdì sera. Sarebbe noto all’intelligence per aver tentato di partire per la Siria, mentre il fratello, ancora ricercato, avrebbe precedenti solo per reati comuni: spaccio di stupefacenti, lesioni e detenzione d’armi.

E’ la cosa che colpisce di più, tra i “foreign fighters” europei: così come accaduto per l’attentato al Museo ebraico di Bruxelles e per quelli alla redazione di Charlie Hebdo e all’Hyperkasher di Parigi, si tratta di giovani passati dalla microcriminalità comune al radicalismo islamico.

Mehdi Nemmouche, il tunisino di passaporto francese che uccise quattro persone al Museo ebraico di Bruxelles, arrivava da Roubaix, città francese al confine con il Belgio considerata la più povera del paese, e la sua vita era costellata di reati comuni poco compatibili con l’Islam radicale. Probabilmente era stato reclutato in carcere.

I fratelli Kouachi di Charlie Hebdo erano invece stati processati per la rivolta delle banlieues nel 2006, e anche qui il passaggio dalla guerriglia urbana (a sfondo sociale) alla guerra guerreggiata non è molto chiaro. Tragitto diverso per l’attentatore parigino Mostefai, che invece in carcere non c’era mai finito: segnalato in passato per fatti di poco conto, dal 2010 era finito sotto osservazione perché vicino ad ambienti integralisti. Poi se n’erano perse le tracce: il fratello ha detto che era tornato con la famiglia nel paese d’origine, l’Algeria, e da lì potrebbe essere andato in Siria.

Ora si cerca l’ottavo terrorista: la polizia ha diffuso una foto di Abdeslam Salah, già fermato venerdì sera verso le 21 e poi lasciato andare perché i gendarmi non avevano notato nulla di particolare. Avvistato sabato mattina alla frontiera con il Belgio, si è dato alla macchia.

Ma non sarebbe il solo in fuga. Il procuratore di Parigi ha parlato di tre commando che avrebbero agito in maniera coordinata: quello che è entrato in azione al Bataclan, un secondo del quale faceva parte Salah e infine quelli della Seat nera. Di questi non si sa ancora nulla.