«Chiunque condanni gli attacchi in Francia, deve condannare quelli in Israele: è lo stesso terrore. Chi non lo fa è ipocrita e cieco». Con queste parole Benyamin Netanyahu ha commentato i due attacchi armati in cui ieri sono rimaste uccise cinque persone: tre israeliani, un cittadino americano e un palestinese. «Dietro questi atti di terrorismo – ha aggiunto – c’è l’Islam radicale che cerca di distruggerci, lo stesso che colpisce a Parigi e minaccia tutta l’Europa». Per il leader israeliano quanto accade non è l’Intifada, non è la continuazione di un conflitto con i palestinesi sotto occupazione militare che va avanti da decenni e la conseguenza di una situazione stagnante che non lascia intravedere spiragli per una soluzione politica. Questi attacchi, secondo Netanyahu, sarebbero parte della stessa offensiva jihadista lanciata da Daesh, lo Stato islamico, in Europa. La sua tesi non suscita ancora l’approvazione pubblica del mondo politico europeo ma dietro le quinte ottiene consensi crescenti tra ministri e deputati di diversi Paesi dell’Ue e senza dubbio anche di una parte dell’opinione pubblica del Vecchio Continente. E affindandosi al vento che soffia dopo gli attentati in Francia, il governo israeliano sta ora intensificando le pressioni per ottenere la revoca della recente decisione della Commissione europea di imporre una etichettatura diverse per le merci delle colonie ebraiche destinate all’esportazione perchè sono prodotte nei Territori palestinesi occupati. L’Ungheria di Viktor Orbán si è già sfilata facendo sapere che non rispetterà le disposizioni dell’Unione nei confronti delle colonie israeliane.

 

Ieri sera Netanyahu ha convocato una riunione d’emergenza del gabinetto di sicurezza allargato ai capi delle forze armate, dell’intelligence e della polizia. Si attendevano nuove de più dure misure repressive e un’altra massiccia campagna di arresti in Cisgiordania.

 

Il primo attacco ieri è avvenuto in un centro commerciale a Tel Aviv, nei pressi di un negozio di articoli religiosi, dove un palestinese di Dura (Hebron), in possesso di un regolare permesso di lavoro in Israele, ha accoltellato e ucciso Aviram Reuven, 51 anni, un rabbino, Aharon Yesiab, e ferito una terza persona, prima di essere bloccato da una guardia di sicurezza e da altre persone. Si era parlato inizialmente di un secondo attentatore riuscito a fuggire ma in serata non è giunta la conferma. Ad un certo punto si era diffusa anche la notizia che uno dei due israeliani uccisi fosse il figlio del leader del partito laburista Yitzhak Herzog che poi è intervenuto personalmente per smentirla. Non ci sono state rivendicazioni ma da Gaza, Husam Badran, un portavoce di Hamas, ha definito «eroico» l’attacco di Tel Aviv ed espresso la «speranza perché tali attacchi convincano Israele a restituire i corpi dei martiri», cioè dei palestinesi uccisi sul posto dagli israeliani dopo accoltellamenti o presunti tali in Cisgiordania e a Gerusalemme Est.

 

In contemporanea alle uccisioni a Tel Aviv, un ragazzo palestinese è stato ferito gravemente dagli spari dei soldati durante manifestazioni ad Abu Dis, un sobborgo di Gerusalemme separata dalla città santa dal Muro israeliano. Inoltre nei centri abitati arabi in Israele la popolazione ha attuato uno sciopero generale, la prima delle varie iniziative di protesta proclamate contro la decisione presa a inizio settimana dal governo Netanyahu di mettere fuori legge il ramo settentrionale del movimento islamico. Le corti israeliane ieri hanno rinviato a giudizio quattro palestinesi accusati di aver organizzato e compiuto l’agguato mortale contro una coppia di coloni israeliani ed allungato gli arresti di una novantina di palestinesi arrestati nelle scorse settimane. Da quando è cominciata la nuova Intifada, esercito e polizia di Israele hanno detenuto, secondo fonti locali, circa mille palestinesi ad ottobre e oltre 400 nelle prime due settimane di novembre. Tra questi, sottolinea all’associazione Addamer, una porzione significativa hanno meno di 18 anni.

 

Il secondo attacco palestinese di ieri è stato un attentato combinato in due diversi punti dello svincolo stradale per il blocco delle colonie ebraiche di Etzion, tra Betlemme ed Hebron. Nella raffica di proiettili sparata contro un minibus da un uomo, Mohammed el Hroub, che poi si è lanciato a tutta velocità contro un’altra autovettura, sono rimasti uccisi un colono israeliano, un 18enne ebreo americano e un palestinese, di Hebron che stava transitando per lo stesso svincolo.

 

Intanto in Israele si preparano a salutare con festeggiamenti la scarcerazione dopo 30 anni, prevista oggi negli Stati Uniti, dell’americano ebreo Jonathan Pollard, una spia che negli anni Ottanta passà ai servizi segreti dello Stato ebraico documenti ed informazioni top secret. Pollard, considerato un traditore negli Usa, è invece acclamato come un eroe dagli israeliani che negli ultimi anni hanno intensificato iniziative e pressioni per ottenere la sua liberazione.