Rischio urne sulla riforma della cittadinanza. Data quasi per fatta solo un mese fa dal premier Matteo Renzi, adesso la legge che dovrebbe consentire a decine di migliaia di bambini figli di immigrati che sono nati o che vanno a scuola nel nostro paese di diventare finalmente cittadini italiani, potrebbe invece saltare. Il rischio è legato alla possibilità – apparentemente sempre più concreta – di elezioni anticipate nella prossima primavera ma anche, e forse soprattutto, all’esito delle elezioni regionali di domenica prossima. Una forte affermazione della Lega nord in Emilia Romagna lancerebbe infatti Matteo Salvini come leader di un nuovo centrodestra che, anche senza il Nuovo centro destra di Alfano, potrebbe far perdere alla riforma i voti di cui oggi dispone, grazie soprattutto all’appoggio già espresso da Silvio Berlusconi alla proposta fatta dal premier di uno ius soli temperato.

Uno scenario preoccupante ma tutt’altro che impossibile, che si deve alla scelta di Renzi di posticipare il pacchetto diritti civili – riforma della cittadinanza, ddl contro l’omofobia e unioni civili – a dopo l’approvazione dei tre provvedimenti considerati prioritari dal governo: legge di stabilità, Jobs act e legge di riforma costituzionale. Facendo così slittare l’eventuale discussione sulla cittadinanza solo a cominciare da gennaio.
La proposta di base alla quale stanno lavorando le due relatrici del provvedimento, Marilena Fabbri (Pd) e Annagrazia Calabria (Forza Italia), prevede un mix tra ius soli temperato e ius culturae. Nel primo caso la cittadinanza verrebbe riconosciuta a tutti quei bambini i cui genitori risiedono legalmente in Italia per un periodo che, a seconda delle varie proposte, può variare da uno a cinque anni (ipotesi quest’ultima sostenuta dal Pd).

C’è poi lo ius culturae, previsto per i bambini nati in Italia che non rientrano nel primo caso oppure che sono arrivati nel nostro paese prima di aver compiuto 12 anni. In questi casi il riconoscimento della cittadinanza sarebbe previsto al termine di un ciclo scolastico. E qui cominciano le divergenza tra le proposte dei vari partiti, e in particolare con il Ncd di Alfano. Cosa si deve intendere infatti per ciclo scolastico? Il Pd se un minore frequenta per cinque anni consecutivi la scuola ha diritto alla cittadinanza a prescindere dal conseguimento o meno di un diploma. Una misura scelta tenendo conto di un sempre possibile abbandono della scuola, anche per motivi indipendenti dalla volontà del minore. Viceversa per altri, e tra questi il Ncd, deve intendersi la fine della scuola dell’obbligo oppure, a seconda dell’età, della scuola secondaria superiore. Ipotesi quest’ultima, che non convince però il Pd: «Un ragazzo finisce la scuola dell’obbligo a 16 anni, mentre già oggi si può chiedere la cittadinanza al compimento del diciottesimo anno di età. Non sarebbe quindi una grande conquista», riflette le democratica Marilena Fabbri.

Divergenze che finora non hanno rappresentato un ostacolo insormontabile. Ma la situazione potrebbe cambiare se davvero si dovesse andare a elezioni anticipate in un momento in cui nel Paese spira un forte vento di intolleranza che sembra favorire la Lega di Matteo Salvini.

Anche per questo forse Beppe Grillo sta bene attento ad assecondare possibili tentazioni da parte di suoi parlamentari favorevoli alla riforma della cittadinanza. E se da una parte è vero che in passato anche il M5S ha presentato un suo disegno di legge, sulla cittadinanza resta la linea del rifiuto già espressa sul blog di Grillo alla proposta di uno ius soli temperato fatta a suo tempo dal governo Letta. Quando l’ipotesi di un ritorno alle urne ancora non veniva presa in considerazione da nessuno.