«Comincia ad essere evidente lo scarto fra le condizioni del paese e quello della ’narrazione’. Purtroppo le cose non vanno come Renzi racconta. Le previsioni economiche si sono dimostrate non rispondenti al vero». Per Sergio Cofferati, europarlamentare, ex Pd, fra i protagonisti degli sforzi per la nascita di un nuovo soggetto della sinistra italiana, per il governo sta arrivando l’ora della verità: «Se si prendono i dati dell’occupazione le conclusioni sono semplici e non positive: una crescita di pochi decimali non fa peggiorare la situazione ma non crea nuovo lavoro. Intanto ci sono nuove generazioni che entrano nel mercato del lavoro. E non è con la stabilizzazione incentivata che si risolve il problema. Servirebbe una progressiva ma certa ripresa della crescita. Che non c’è. Tutto questo comincia ad apparire chiaro al di là delle illusioni alimentate. Il meccanismo redistributivo si è inceppato, senza nuove risorse le risorse per i più deboli calano. Che i tagli li faccia il governo o che costringa a farli le regioni o i comuni, la sostanza non cambia».

L’ora della verità però non premia la sinistra. Lo si è visto anche in Francia. In Italia lo slancio per mettervi insieme si è fermato. Su cosa, dal suo punto di vista?

È importante provare a dare vita a un soggetto nuovo. Lo chiedono le persone. A sinistra c’è uno spazio enorme perché il Pd ha cambiato natura e valori, molte persone non vanno più a votare. Ce n’è bisogno. A questa domanda bisogna rispondere dando vita a un soggetto o che sia in grado di affascinare le persone che si riferiscono a valori della sinistra, e che sono deluse perché non li vedono in campo. Un soggetto nuovo però deve avere presupposti precisi: garantire discontinuità con la storia che ci ha portato fin qui, che è fatta del mutamento del Pd ma anche della caduta di credibilità di una sinistra radicale, per come l’abbiamo conosciuta. Dobbiamo superare quello che c’è. Lo dico con precisione: Sinistra italiana è un gruppo parlamentare, è utile, ma non può essere la nuova formazione politica. Che invece deve avere l’ambizione di un perimetro molto più grande.

Pensa a un nuovo partito, come chiedono alcuni, o un soggetto ’plurale’ sul modello della coalizione greca Syriza?

Un soggetto plurale, al di là delle intenzioni di chi lo vuole, ripropone il vecchio: tende ad avere al suo interno quello che già c’è. Invece io penso a un partito. Nuovo. Ma ci vorrà tempo per costruirlo. Il punto di partenza debbono essere i valori.

Sui valori siete tutti d’accordo. Sulla loro declinazione concreta organizzativa o elettorale no.

Intanto cominciamo a condividere questi valori. Un’Europa che scrive un nuovo trattato che assegni alle istituzioni europee funzioni che oggi non hanno, togliendole dalla sovranità degli stati membri. Ancora: il valore sociale del lavoro, la solidarietà, i diritti delle persone sia come lavoratori che come cittadini, la pace. Questi valori, certo, devono avere una declinazione coerente. Che si verifica nel progetto che di volta in volta presenti nei luoghi dove vai a chiedere il consenso, quelli dove coinvolgere le persone nella discussione e nella militanza. L’obiettivo è governare, dalle amministrative al governo centrale.

Il percorso si è incagliato sul tema partito/coalizione. Come potrebbe ripartire?

Serve un appello/manifesto proposto da persone, non da associazioni o organizzazioni. Se lo firmano le persone vorrà già dire che le organizzazioni non vengono cancellate ma messe da parte. E con questo si avvia una discussione che avrà bisogno anche di quanto c’è già di organizzato, ma come supporto. Saranno persone che chiedono disponibilità a altre persone, con i tempi che ci vorranno, uscendo dalla strettoia delle amministrative. L’importante è cominciare un cammino. Serve un’assemblea nazionale che dia poi il via alle assemblee locali. Anche perché un tavolo che si riunisce ogni tanto dà un’idea di verticismo che non è né utile né efficace.

Quindi per lei non è necessario lo scioglimento dei partiti e delle sigle esistenti?

Non nella fase transitoria. Purché alla fine del percorso non resti più niente.

Ma il Prc non intende sciogliersi. Lo ha confermato ieri al manifesto il segretario Ferrero.

Quello che dice Ferrero è legittimo. Ma nel cammino Ferrero può cambiare idea. Oppure la possono cambiare i suoi iscritti.

Sempre per essere concreti: alle amministrative in quasi tutte le città ci saranno candidati di sinistra. Ma non a Milano. Secondo lei Sel non deve partecipare alle primarie?

Il processo di cui sto parlando ha tempi lunghi. Sarebbe auspicabile un primo coagulo alle amministrative. Ci dev’essere chiaro il segno della discontinuità. A Napoli è ragionevole sostenere De Magistris, a Cagliari Zedda. A Genova Doria, se si ricandiderà a suo tempo. A Milano se Pisapia si fosse ricandidato, il candidato sarebbe lui. Questi sindaci hanno rappresentato la rottura con la politica precedente. Ma Pisapia non si ricandida. Oggi in quella città il perimetro delle primarie è utile al Pd per risolvere le sue contraddizioni ma inutile o controproducente per una forza nuova. Se vincerà Sala un candidato di sinistra potrebbe prendere una caterva di voti, anche dai delusi del Pd. Se invece vincerà un candidato o una candidata contro il partito della nazione la sinistra potrà verificare se ci sono le condizioni per dare continuità all’esperienza di Pisapia. Senza rinunciare al suo candidato.

Però lei in Liguria ha partecipato alle primarie del Pd.

Infatti dico queste cose sulla base di un’esperienza fatta.

A Milano un pezzo della sinistra ha governato con Pisapia. Perché in assenza di Pisapia dovrebbe rinnegare questa esperienza, che anche lei giudica innovativa?

Perché Sala non può essere considerato la continuità della giunta Pisapia. Se il partito di maggioranza relativa candida una persona di centrodestra lo fa contro l’esperienza di Pisapia, non per proseguirla ma per cancellarla. E per sperimentare un’altra ipotesi, appunto quella del partito della nazione.

Non c’è una contraddizione fra dire che servono assemblee dei territori e imporre loro quello che devono fare?

Se dai un’indicazione generica sbocceranno cento fiori. A noi serve avere un perimetro definito. Sarà più utile e efficace.

Se questo significasse perdere personalità importanti, a Milano o altrove, la sinistra nascerebbe sotto il segno di nuovi abbandoni?

È una delle contraddizione che bisogna vivere: porta con sé il segno della discontinuità.

Non teme l’irrilevanza? Anche perché alle amministrative il vostro avversario non sarà solo il Pd, ma anche il M5S con il vento in poppa.

Il processo sarà lungo e non deve farsi condizionare dalle difficoltà, l’importante che ci sia la volontà e che il processo parta. All’inizio non saranno rose e fiori. Appena nati i 5 stelle non hanno avuto i risultati di oggi. Ma bisogna dar loro atto di aver tenuto la barra, cosa che gli ha portato dei risultati.

Non crede che fra voi ci siano differenze antiche di culture politiche che, per parlare delle elezioni politiche, solo l’Italicum nella sua attuale formulazione tiene insieme?

Le differenze ci sono, sono inevitabili ma in un partito l’articolazione e la dialettica sono persino fondamentali. L’orizzonte politico del domani non lo devono tracciare quelli della mia generazione ma le ragazze e i ragazzi. Sono loro i soggetti primari del nuovo partito. Quelli che non hanno le nostre storie da mettere in equilibrio.