Delitto di lesa umanità e crimine di guerra. Così, in Colombia, la magistratura ha definito lo sterminio contro l’Union Patriotica (Up) perpetrato negli anni ’80-’90: 34 omicidi contro dirigenti, esponenti e simpatizzanti dell’organizzazione politica, tra i quali anche il candidato alla presidenza Bernardo Jaramillo Ossa e il leader di quartiere, José Antequera. Attacchi commessi da «gruppi paramilitari, in alcuni casi insieme ad agenti dello Stato – ha ammesso la magistratura – sistematici ripetuti e generalizzati, commessi contro la popolazione civile tra il 1986 e il 1996». La maggior parte dei casi erano stati prescritti, ma con questa decisione le indagini possono riaprirsi.

Un’importante sentenza che riporta l’attenzione sull’alleanza criminale tra paramilitari, agenti dello stato e settori politici imprenditoriali che caratterizza la scena politica colombiana dai tempi dell’assassinio del progressista Jorge Eliecer Gaitan, candidato alla presidenza della repubblica, ucciso nel 1948. La Up fu un partito politico di sinistra fondato nel 1985 e a cui inizialmente parteciparono diversi gruppi guerriglieri, tra cui le Forze armate rivoluzionarie colombiane (Farc): al termine di un processo di pace tra la guerriglia marxista di Manuel Marulanda e l’allora presidente Belisario Betancur.

Nell’86, il candidato presidenziale dell’Up, Jaime Pardo Leal, ottenne il 4,6% delle preferenze, arrivando terzo alle presidenziali. Leal verrà poi ucciso insieme all’altro candidato alla presidenza, anch’egli avvocato, Bernardo Jaramillo Ossa, a deputati e senatori, sindaci, e a circa 5.000 militanti. Molti dei sopravvissuti abbandonarono il paese. Tra questi, la candidata alla vicepresidenza Aida Avella, riparata in Svizzera dopo essere scampata a un attentato e tornata in patria per partecipare alle elezioni presidenziali del 2014 con la Union Patriotica.

Una sentenza che entra nel dibattito in corso a Cuba tra il governo di Manuel Santos e le due principali guerriglie, le Farc e l’Esercito di liberazione nazionale (Eln). Il 24 ottobre riprende il negoziato per portare a soluzione politica un conflitto che dura da oltre cinquant’anni: gli anni dei due gruppi armati e delle contraddizioni strutturali che li hanno prodotti. Il «ciclo n. 30» delle trattative sta affrontando il tema delle vittime e vede la partecipazione diretta di diverse associazioni, a seguito di un ampio dibattito in corso nel paese.

Un percorso che ha rimesso in moto le energie della sinistra di alternativa, che ha votato per il neoliberista Santos in quanto portatore dell’importante processo di dialogo. Il rischio è però che, come ricorda la sentenza della magistratura, tutto finisca come sempre in Colombia. Per questo, l’obiettivo delle forze del cambiamento, avanzato dalla guerriglia all’Avana, è soprattutto quello di arrivare a un’Assemblea costituente, che attivi la società colombiana e risolva alla radice le storture di cui è vittima.
Il governo intende invece sottomettere a referendum gli accordi, in contemporanea alle prossime elezioni regionali.

Un ostacolo non da poco è rappresentato dall’ex presidente colombiano Alvaro Uribe. Uribe, grande sponsor dei paramilitari, ha inviato continui siluri contro il processo di pace, che si è aperto nel 2012. Durante le ultime elezioni, Santos ha denunciato di essere stato spiato illegalmente. E così i negoziatori dell’Avana.

Venerdì scorso sono stati arrestati tre militari colombiani, un capo dell’esercito e un agente della Direzione nazionale di intelligence, accusati di far parte della cosiddetta operazione Andromeda, scoperta a febbraio scorso.

Uribe, insieme al suo partito Centro democratico, ha sollevato 52 obiezioni sugli accordi già raggiunti nei tavoli dell’Avana: quello della terra, della partecipazione politica in sicurezza e delle droghe illecite. «Il governo si è inginocchiato davanti alla guerriglia» ha accusato Uribe a più riprese, lamentando soprattutto che «in nessuna parte degli accordi si chiede alle Farc di riconoscere i loro rapporti col narcotraffico». Ha anche attaccato Santos per aver consentito il viaggio all’Avana del massimo dirigente delle Farc, Timoshenko».

Santos, suo ex ministro della Difesa, eletto nel 2010 con l’appoggio di Uribe e poi diventato suo avversario, ha ammesso di aver autorizzato il viaggio del leader Farc. Poi ha invitato l’ex presidente a discutere, ma finora non ha ricevuto risposta.

Il prossimo 2 novembre arriverà all’Avana il quarto gruppo di vittime per portare avanti la discussione sul tema. Saranno presenti anche funzionari del Venezuela, del Cile e della Norvegia, paesi garanti fin dall’inizio del processo di pace.