Girare per Buenos Aires è come sfogliare un libro di architettura suddiviso per capitoli: il quartiere italiano costruito dai muratori calabresi, quello francese che sembra di essere a Parigi, quello degli inglesi, i grattacieli a specchio vicino al fiume.

E la meravigliosa storia del grattacielo Canava degli anni trenta di cui sentiremo raccontare. Da un quartiere all’altro cambia la prospettiva. Diverso per chi ci abita. Il nuovo cinema argentino metropolitano ha messo in mostra per quasi un decennio, prima l’afasia, poi le nevrosi diella generazione dei trentenni solitari.

In Medianeras, esordio di Gustavo Taretto premiato come miglior film e miglior regia al festival di Gramado, che già aveva realizzato un corto con lo stesso titolo, troviamo una sintesi moltiplicata all’ennesima potenza degli stessi stati d’animo, equamente suddivisi tra i due protagonisti Martin e Mariana: ipocondria, malinconia, attacchi di panico, insicurezza, fobie.

Martin che è un nerd, uno Sheldon latino, ideatore di siti («Ho cominciato con il sito del mio psichiatra, dedicato alle fobie») non esce di casa da circa quattro anni se non per scattare foto su suggerimento del suo analista. Non è neanche necessario, può avere tutto attraverso il computer, cibo e sesso compresi. Mariana, architetto disoccupato che ha ripiegato accettando di fare la vetrinista, ha chiuso una relazione e sta ricreando il suo spazio nel piccolo appartamento, per farsi dire «come è andata oggi?» lo ha scritto sul volto di un manichino nell’ingresso.

Martin sostiene che quel cumulo di ossessioni che opprime la gente deriva appunto da architetti e costruttori che costringono le persone in case sempre più piccole e intanto prova e riprova a incontrare qualche ragazza vera e non solo virtuale, altrettanto fa Mariana con incontri occasionali: la poliglotta, la dog sitter, il nuotatore compulsivo, non sono altro che sfaccettature delle manie che circolano in città («Hai provato con uno psicologo? Sì, sono psicologo» dice uno dei personaggi del film, a riprova della quantità di analisti da sempre in Argentina oggetto di film, e battute.

Ma cosa significa «medianeras»? Gli edifici hanno un lato inutile, non il fronte né il retro, ma quello laterale. Quello si chiama medianera, e ricorda lo sporco e lo smog della città, «riflette le contraddizioni, il lerciume che nascondiamo sotto il tappeto» è utilizzato dalle pubblicità, ma ricordano anche la crisi economica.

Ma ecco che proprio in tempo di crisi da quelle mura compatte e inutili si aprono illegalmente piccole finestre che fanno entrare finalmente il sole nei piccoli appartamenti «scatole da scarpe» di 40 mq. Ed ecco che a cominciare da due di quelle finestre i due protagonisti inevitabilmente si incontreranno a dispetto delle chat, delle nevrosi, delle fobie e della insipienza dei costruttori moderni. Va via semplicemente la luce e il computer si spegne. Qualcos’altro deve esseri, oltre alla comunicazione virtuale. Film geometrico, limpido, di ironia perfino calorosa.