La saggia ragionevolezza di un provvedimento di “rideterminazione” delle pene inflitte in base a quanto previsto da una legge (la Fini-Giovanardi) dichiarata incostituzionale, è più che mai urgente. A riproporlo con forza, è stata nei giorni scorsi l’infaticabile Rita Bernardini che ha potuto toccare con mano, nel corso delle sue assidue visite in carcere, quanto siano tutt’ora attivi (perversamente attivi) gli effetti di una norma ormai illegittima.

Già un anno fa ho presentato un disegno di legge, frutto del lavoro di Luigi Saraceni, Stefano Anastasia e Franco Corleone, che – come tanti altri provvedimenti pacificamente indispensabili e perfino “semplici”- non riesce a muovere un solo passo nelle aule di Camera e Senato.

Non chiamiamolo “indultino”, per carità, perché potrebbe turbare qualche anima timorata e perché, soprattutto, richiederebbe il consenso dei due terzi dei parlamentari, ma provvediamo a metterlo al centro dell’agenda politica. O, almeno, al centro dell’iniziativa dell’intergruppo per la legalizzazione della cannabis, promosso da Benedetto della Vedova.

Le adesioni sono state numerose e, tuttavia, ancora lontane dal rappresentare una garanzia già acquisita per l’approvazione di una normativa che vada in quella direzione. Dunque, il lavoro resta ancora tutto da fare. Ma intanto, e questo è un dato nuovo e assai significativo, c’è una volontà ampia e condivisa a proposito delle scadenze da costruire e degli obiettivi da raggiungere.

In ogni caso, la finalità ultima dell’intergruppo – una normativa compiutamente antiproibizionista – non deve farci dimenticare altri urgenti e circoscritti obiettivi di breve e medio periodo. Provo a elencarli.
1) Innanzitutto l’obiettivo già citato. Nel giugno scorso il ministro Orlando affermava che i detenuti in esecuzione di pene costituzionalmente illegittime fossero circa tremila. Da allora ad oggi, molti di loro – ci auguriamo – potrebbero aver finito di scontare la propria pena. Tuttavia temiamo che altri (centinaia? migliaia?) siano ancora in carcere, e questo è inaccettabile in uno stato di diritto minimamente decoroso.

Non è possibile affidare la soluzione di questo problema all’iniziativa individuale dei singoli condannati, molto spesso privi di adeguate informazioni e assistenza legale; o a quella dei garanti territoriali e dell’associazionismo.
Nel caso in cui le procure della Repubblica non ritengano di dover intervenire d’ufficio, spetta al parlamento e al governo sanare questa situazione disponendo per legge una riduzione di pena proporzionale alla riduzione dei parametri edittali determinata dalla dichiarazione di incostituzionalità della legge Fini-Giovanardi. E sarebbe già molto importante avere una risposta precisa sul numero degli attuali “illegittimi” reclusi.

2) Nel 2016 l’Assemblea generale dell’Onu sottoporrà a discussione e a verifica il sistema delle proibizioni contenute nelle Convenzioni internazionali. E’ importante che l’Italia arrivi a quell’appuntamento non impreparata e con proposte capaci di stare alla pari con le esperienze più avanzate nello scenario mondiale. Anche in vista di questo appuntamento così rilevante, si dovrà lavorare perché venga fissata finalmente la Conferenza nazionale sulle dipendenze, che – a termini di legge – si sarebbe dovuta svolgere già tre anni fa. Quella è la sede più adatta per affrontare tutte le tematiche più importanti ma, per arrivarci in maniera seria e attrezzata, l’intergruppo antiproibizionista potrebbe intervenire intorno ad alcune questioni preliminari.

3) Nelle more della legalizzazione della cannabis, egualmente urgente è la sua compiuta ed effettiva disponibilità per fini terapeutici. Com’è noto, dal 2007 una norma consente l’uso in terapia del Thc, ma ancora oggi i pazienti che riescono ad accedervi sono pochi (circa 60 nel 2014). Per questa ragione occorre adottare delle misure in grado di semplificare la prescrizione di questi medicinali (equiparandoli, ad esempio agli oppiacei utilizzati per la terapia del dolore) e nello stesso tempo occorre fornire al personale sanitario un’adeguata formazione nel merito.

E ancora: è stata avviata presso lo stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze la prima sperimentazione per la coltivazione di cannabis. Certamente un passo in avanti, ma occorre vigilare affinché il progetto pilota presto si concretizzi in una reale distribuzione sull’intero territorio nazionale del farmaco in questione.

Più in generale, le previsioni sanzionatorie, penali e amministrative, andrebbero riviste in senso liberale e garantista, attraverso una più puntuale definizione delle fattispecie penali, la riparametrazione dei limiti di pena alla reale offensività delle condotte e il superamento di sanzioni amministrative invalidanti per il mero consumo di sostanze. É proprio questo il caso che richiede l’elaborazione comune di un apposito disegno di legge. Come ognuno può vedere, si tratta di una serie di obiettivi “moderatissimi” e, tuttavia, capaci – se raggiunti – di “ridurre i danni” del proibizionismo.