Quasi non risponde alla domanda di rito su Trump: in fondo secondo Conrad Tao, pianista ventiduenne nato in Illinois da una famiglia di origine cinese, la situazione della cultura in America va molto male sin da quando ha mosso i suoi primi passi sulla scena musicale. Per questo, Tao nominato Presidential Scholar in The Arts nel 2009 con tanto di borsa di studio, ritiene che non ci saranno cambiamenti disastrosi. “Naturalmente – sottolinea con un sorriso sarcastico – se poi volete la mia opinione sulle elezioni, ce l’ho molto chiara ma non c’entra affatto con la cultura o con il pianoforte”.

Nella prospettiva dei millennials ma anche del pubblico più maturo Tao, pianista e compositore con un passato da violinista, sembra una stimolante alternativa a Lang Lang, sia per le attitudini fuori dagli schemi sia per le scelte di repertorio, da Mozart a David Lang, Beethoven e Ravel incrociati con Miklos Rozsa, Elliot Carter e proprie composizioni, con numerose commissioni di pezzi per pianoforte e per orchestra da numerose istituzioni americane.

Se n’è reso conto anche il pubblico romano all’Accademia di Santa Cecilia, dove Tao ha suonato giovedì per la prima volta: una lettura del concerto in Fa di Gershwin molto convincente per slancio, spolvero tecnico e perfetta inquadratura stilistica, in felice intesa con il direttore Andrés Orozco Estrada. L’interesse per la musica d’oggi viene, secondo Tao “per naturale affinità, essendo io anche un compositore, atttratto dalle nuove forme espressive, dalla sfida di trovarne la chiave interpretativa. La musica del Nord America è quella che frequento di più (fulminante il bis romano, Catenaries di Carter) ma vorrei conoscere meglio quel che succede oggi in Germania, in Olanda e anche in Italia”.

Sui rapporti fra tecnica, interpretazione e virtuosismo, stereotipo che sui pianisti genera eterni equivoci, Tao ha le idee chiare: “mi affascina confrontarmi su questioni tecniche, ma non mi piacciono le mistificazioni che attribuiscono ancora ai nostri giorni tratti ‘soprannaturali’ alle qualità tecniche di un musicista; del resto non considero mai la tecnica svincolata dalla musicalità, ogni anno che passa i due elementi mi sembrano fusi insieme in modo inscindibile”.

Nonostante i ventidue anni, Tao, che di internet e dei social fa uso libero e frequente ma non smaccatamente e stupidamente promozionale, si mostra assai saggio e del resto considera che il forte accento sulla giovinezza sia “un’ossessione contemporanea, come del resto la pressione per mostrarsi sempre al passo coi tempi, presenti e sulla cresta dell’onda, cosa che a molti artisti, giustamente, non interessa per niente”.

Il suo sito web è aperto su questioni sociali, di sesso e di genere, si diverte con i social media e con la musica pop – ha persino giocato a improvvisare su una canzone di Beyoncé – ma verso il marketing dell’industria musicale è critico e diffidente: “la mia prospettiva è che non tutto debba rimanere per sempre com’è, incluso il modo con cui si produce, si propone e si ascolta la musica, anche dal vivo. Vedremo in futuro”.