Cinquecentosettanta voti: tanti ne servono al parlamento in seduta comune per eleggere i due giudici costituzionali che non riesce ad eleggere da tre mesi. Gli stessi voti, anzi meno visto che il quorum dei 3/5 in questo caso è calcolato sui votanti, servono per scegliere gli otto componenti «laici» del nuovo Consiglio superiore della magistratura; quello nuovo è rimasto in carica proprio in conseguenza del ritardo delle camere ed è la prima volta che succede nella storia della Repubblica. Paradossi delle larghe intese: Pd centristi e Forza Italia riescono ad accordarsi su quasi tutto, dalle riforme costituzionali a quelle sulla giustizia alla legge elettorale, ma non trovano l’intesa «costituzionale» sugli organi di garanzia. Succede perché le nomine vengono giocate su più tavoli e servono ai partiti per suggellare altri accordi. E così giudici costituzionali e consiglieri del Csm devono servire a «facilitare» le riforme, ecco spiegata la serie di votazioni in bianco, già sei per la Consulta e tre per il Csm.

Il 10 settembre il parlamento è nuovamente convocato in seduta comune, e il presidente della Repubblica ieri ha invitato con forza a non perdere altro tempo. Si tratta, ha scritto Napolitano ai presidenti di senato e camera, di «adempimenti non ulteriormente differibili». Anche perché era stato proprio Napolitano a prorogare in vita il Csm, a luglio, malgrado lui stesso pochi giorni prima avesse raccomandato al vecchio Consiglio (di cui è presidente) di non accelerare certe nomine delicate (procuratore capo di Palermo) in vista della nuova consiliatura. Che invece deve ancora partire: i magistrati hanno eletto i loro rappresentati ma i parlamentari ancora no. Anzi ufficialmente è per questo che il governo ha scelto di rinviare la presentazione della riforma del Csm, una «rispettosa attesa» che è tornata utile per rimandare un sicuro scontro nella maggioranza.

I due giudici costituzionali mancanti dovrebbero invece ricostituire quel plenum della Consulta che manca da oltre due mesi, fondamentale in vista di decisioni importanti. Per esempio quella sulla costituzionalità della legge elettorale per i parlamentari europei, un giudizio che ha parecchi punti di contatto con quello che ha mutilato il Porcellum: il relatore di quella storica sentenza – il giudice Tesauro – è adesso presidente della Corte, ma è prossimo alla scadenza. A novembre, infatti, Napolitano si troverà nella straordinaria condizione di poter nominare ancora due giudici costituzionali (il suo quarto e il suo quinto) e la Consulta finirà con l’essere rinnovata per quattro quindicesimi rispetto a inizio anno.

La lettera di Napolitano è solo l’ultimo dei richiami al parlamento. «È indispensabile – scrive adesso il capo dello stato – che le forze politiche, benché pressate da numerosi impegni, dedichino nel corso di questa settimana l’attenzione necessaria per compiere le loro scelte e garantire l’esito positivo delle prossime votazioni». Grasso e Boldrini hanno aggiunto la loro «totale condivisione» e hanno girato la missiva ai capigruppo, in vista della ripresa dei lavori. Le trattative riprenderanno. Pd e Forza Italia non intendono rinunciare alle loro caselle, e per la Consulta i nomi che restano sulla bocca dei parlamentari sono ancora quelli dell’ex presidente della camera Luciano Violante e del senatore berlusconiano Donato Bruno. Per il Csm la suddivisione classica prevede 5 consiglieri alla maggioranza e 3 all’opposizione. Il Pd ha in squadra il maestro di procedura penale Fiandaca, giurista tra i più critici del processo palermitano sulla trattativa stato mafia, convinto a correre per le europee dal ministro della giustizia Orlando ma alla fine non eletto. Il suo è un nome buono per la vice presidenza del Consiglio. Così come lo sarebbe quello dell’ex ministra Severino, casella che può andar bene a una parte dei centristi – non tutti – che pure chiedono spazio al Pd. Resterebbero esclusi dai giochi i voti di Sel (una trentina tra camera e senato) e soprattutto quelli del Movimento 5 stelle (quasi 150), che invece potrebbero offrire al Pd un’alternativa all’alleanza con i berlusconiani, non ci fossero in ballo gli accordi del famoso «patto del Nazareno». Intanto va a merito dei grillini l’aver presentato candidature ufficiali, offerte al giudizio della rete dal capo del Movimento. Proposte quasi sempre ottime che sono state le uniche a raccogliere qualche voto nelle nove precedenti, e inutili, votazioni.