Il cellulare di Izzedin Elzir, imam quarantenne della comunità islamica di Firenze è incandescente, è l’uomo del giorno, avendo lanciato la prima manifestazione nazionale dei musulmani d’Italia a Roma della storia repubblicana.

Sabato alle 15 in piazza Santi Apostoli in solidarietà con il popolo francese una rappresentanza del milione e 700mila di musulmani che vivono e lavorano in Italia si riunirà imbracciando cartelli con lo slogan «Not in my name».

Non crede che i musulmani possano percepire questa manifestazione come una concessione a chi chiede di discolparsi di essere islamici?

No, assolutamente, io sono musulmano e orgoglioso di esserlo, infatti rivolgiamo l’invito a tutti gli italiani, di qualsiasi fede religiosa essi siano, a partecipare a questa manifestazione contro il terrorismo e contro la paura.

Lei, all’assemblea dei movimenti per la pace ha parlato di un salto di qualità nella percezione del rischio rispetto anche all’attentato contro Charlie Hebdo. La scelta di scendere in piazza domani è più un messaggio all’Italia non musulmana o all’interno della vostra stessa comunità?

È un messaggio a tutti i nostri concittadini italiani, musulmani e non, perché si attivino per una risposta unitaria rispetto a quello che è successo e sta succedendo. Abbiamo chiamato a raccolta tutta la nostra comunità, non soltanto l’Ucoii (l’Unione delle comunità islamiche italiane, associazione di cui Elzir è presidente nazionale ndr), ma gli imam delle moschee, le altre associazioni come Coreis e Co-Mai (cioè Comunità religiosa islamica e Comunità del mondo arabo ndr) e tante personalità hanno aderito. Tutti insieme, per dire che il nome di Dio non deve essere pronunciato invano come fanno questi criminali, perché pensiamo che uniti possiamo vincere i terroristi e la paura con cui cercano di dividerci.

Vi ritrovate sotto questa etichetta di Islam moderato?

Mah, io sono un musulmano normale, poi c’è chi compie atti criminali ed è un criminale. Noi non possiamo scomunicare le persone ma gli atti sì. È chiaro che noi italiani di fede musulmana che non approviamo la logica di questi terroristi siamo in prima linea. Faccio notare che la maggior parte delle vittime di questi atti terroristici sono di fede musulmana, senza togliere con questo nulla alle altre vittime perché è evidente che la dignità della morte è di qualsiasi persona. Dico questo per far capire che la percezione della paura anche nella nostra comunità si è fatta più forte, più presente. Per sconfiggerla dobbiamo essere uniti, tutti insieme.

A proposito di Islam politico, lei è palestinese, nato a Hebron, e ha dichiarato in una precedente intervista che nelle elezioni del 2006 avrebbe votato per Hamas. Pensa ancora che la messa al bando della Fratellanza musulmana sia un errore?

Sì, ho dichiarato che avrei votato per Hamas perché le leadership precedenti hanno dimostrato di non saper o voler combattere la corruzione. E sì penso che diminuire qualsiasi spazio di libertà sia pericoloso per la libertà stessa. In Palestina come altrove. Credo che solo attraverso il dialogo e la democrazia si possa trovare una convivenza pacifica. Poi, dato che vivo in Italia da venticinque anni, io voto in Italia.

Tra le giovani generazioni, avete la percezione di un diffondersi di messaggi di radicalismo religioso che possano servire come terreno di coltura per il terrorismo jihadista?

Nelle moschee l’integralismo non ha spazio ma siamo preoccupati dai messaggi che si diffondono fuori, soprattutto sul web, su Facebook. Perciò abbiamo chiesto ai nostri giovani di misurarsi con questi strumenti, stiamo elaborando video che rispondano a questa deviazione che stanno operando gruppi minoritari.

Video in italiano?

Sì, in arabo ci sono già, così come in inglese e in francese, perché le comunità in Francia e nel Regno Unito hanno già attivato una risposta molto positiva, con loro stiamo collaborando.

Sabato in piazza ci saranno anche la Fiom e la Coalizione sociale, pensa che la vostra manifestazione possa confluire in quel corteo?
Lo spero. Vorremmo che fosse una manifestazione unitaria. Tutti uniti a prescindere dal colore delle bandiere. Noi avremo solo quelle italiane, francesi e europee.

Sarà anche una risposta a titoli come quelli di Libero: Islamici bastardi? è vero che denuncerete il direttore Belpietro?

Il nostro paese è famoso per la bellezza e il buon gusto, anche il giornalismo dovrebbe ispirarsi a criteri di eleganza e correttezza. Poi in Italia ognuno ha il sacrosanto diritto di denunciare chi diffama una persona o una comunità e noi non solo lo faremo ma invitiamo tutti i concittadini e anche i giornalisti ad unirsi in questa battaglia di civiltà.