Sono tre le «riforme» dell’Unione europea proposte a seguito della crisi (non risolta certo col diktat subito da Alexis Tsipras). Una dai «cinque presidenti» (della Commissione, del Consiglio europeo, dell’eurogruppo, della Bce e del Parlamento europeo), un’altra da Hollande, un’altra ancora da Schaeuble.

Discuterle, esplicitarne e valutarne il contenuto e informarne coloro che ne dovrebbero subire gli effetti è, comunque, ineludibile. Per dimostrare e confermare che «c’è vita a sinistra», come meritoriamente ammonisce Norma Rangeri aprendo il dibattito su questo giornale per impedire che questa «vita» venga dissipata ancora una volta dall’eterno spirito di scissione che dilania la sinistra italiana quando non degrada nel trasformismo e nell’omologazione alla destra.

Sul giudizio che meritano e sull’atteggiamento da assumere nei confronti di ciascuna di queste riforme o di tutte e tre si potrebbe, anzi, si dovrebbe provare a instaurare, come propone Valentino Parlato, un’alleanza tra le sinistre d’Europa, quelle che sono tali e perciò europeiste, ma anti-Ue. Sarebbe un primo passo da compiere per reagire alla sconfitta subita della democrazia di un Paese solo contro il trust dei creditori costituitosi in Eurogruppo, istituzione non prevista dai Trattati ma sciaguratamente dominante nella realtà europea.

Ma cosa riformerebbero… le «riforme» proposte? Non c’era da sperare, e da chi le ha formulate c’era solo e c’è solo da attendere risposte miopi, inadeguate, desolanti. I cinque Presidenti hanno raccolto tutto quanto completerebbe l’acquis communitaire di tipo istituzionale e ne chiedono l’integrazione nel Trattato. Siamo alle solite: maggiore convergenza, maggiore competitività, maggiore efficacia dell’attività delle varie amministrazioni pubbliche, più unione bancaria e dei mercati dei capitali, eccetera.

Hollande, propone un comune bilancio dell’eurozona, col controllo (non su deliberazione) del Parlamento. Perciò l’inalterabile ed esclusiva iniziativa della Commissione di Bruxelles, intransigente baluardo dell’esecuzione dei Trattati e del principio neoliberista su cui si fonda l’Ue e via proseguendo e perseguendo le promesse dell’austerity. Schaeuble non si smentisce, propone, tetragono, di creare un Ministro del Tesoro europeo, cioè di «commissariare» l’Eurozona, limitando in tal modo la stessa Commissione.

Insomma, un uomo solo al controllo, scelto ovviamente dall’Eurogruppo, come a dire, da egli stesso tra i suoi allievi e delegati nei vari stati dell’euro. Comunque modifiche tutte interne al sistema dell’Ue, nulla che possa incrinarlo, aprirlo a politiche diverse da quelle adottate finora, nulla che possa inquinarlo di socialità.

Con proposte di tal genere di riforme torna la sempiterna richiesta di cessione delle sovranità statali. La riformulava autorevolmente Eugenio Scalfari con l’articolo domenicale del 2 agosto.

Ma com’è possibile non domandarsi quali siano stati gli effetti delle tante cessioni di sovranità che dal 1957 hanno cadenzato e formato «questa» Europa ? Come non constatare che le sovranità statali siano state cedute ai mercati, al sistema privato della finanza internazionale ? Com’è possibile non indignarsi nel constatare che ad esercitare le sovranità già cedute dagli stati dell’eurozona sia l’Eurogruppo a direzione Schaeuble ? Com’è possibile non indignarsi nel constatare che le cessioni di sovranità già operate hanno mutilato, compresso, ridotto al minimo, lo stato sociale e hanno desertificato gli spazi che la democrazia del secondo dopoguerra aveva aperto alla dignità umana?

Ce ne sono ragioni perché la vita a sinistra ridesti lo spirito di rivolta nei confronti di questa Europa, e solleciti la capacità di disegnare l’altra Europa.