Il 10 dicembre in commissione alla camera dei deputati è stata approvata l’unica modifica alla riforma costituzionale non decisa dal governo. Grazie ai voti della minoranza Pd, per una volta conseguente. Cambiava allora l’articolo 2 del disegno di legge Renzi-Boschi, cioè la composizione del nuovo senato. Venivano cancellati i cinque senatori di nomina del presidente della Repubblica che del resto hanno poco senso all’interno della camera che, si è deciso, deve rappresentare le regioni. Ma, più che la logica, al governo importava che non venissero fatte modifiche al testo già approvato al senato. Per questo quando la legge è arrivata in aula l’articolo è stato contro-emendato con un colpo di maggioranza – il patto del Nazareno era ancora solido. E così l’articolo 2 è tornato alla versione originaria. Pur di blindare con una doppia approvazione conforme la composizione del senato, Renzi si è tenuto i cinque italiani illustri selezionati “per altissimi meriti” dal Quirinale – faranno compagnia ai consiglieri regionali e ai sindaci.

Tutto questo tre mesi fa. Per questo, anche per questo, non è credibile che ora il presidente del Consiglio sia disponibile a correggere una legge incorreggibile.

Altro discorso è che la revisione costituzionale, dopo la rottura con Berlusconi, rischi di insabbiarsi al senato. Ma allora altre sarebbero le modifiche necessarie. Perché la composizione del senato è un aspetto centrale, ma non quello più importante nello squilibrio dei poteri che le due riforme (bicameralismo e legge elettorale) stanno costruendo. Le competenze ordinarie del senato sono assai ridotte, in più la camera alta non avrà alcuna possibilità di indagine e controllo sul lavoro dell’esecutivo. È questa una materia che può ancora essere rivista, perché regolata da un articolo delle riforma che non è stato approvato in “doppia conforme”. Così come può essere rivisto il quorum per l’elezione del presidente della Repubblica, o per la dichiarazione di stato di guerra, ritoccati dalla camera in maniera molto al di sotto del necessario. Come pure si potrebbero rendere effettivi i solo enunciati strumenti di democrazia diretta. Ma su tutto questo, tutto quello cioè che effettivamente potrebbe essere migliorato, Renzi non si pronuncia né sulla scena né nei retroscena.

Ed è da prendere con le pinze anche la nuova promessa del renziano Ettore Rosato secondo il quale qualche contentino alle minoranze si potrà dare nella legge di attuazione che seguirà la riforma costituzionale. Per due ragioni. La prima: è una legge affidata alla camera eletta con il nuovo Italicum, sotto il pieno controllo del capo partito. La seconda: dovrà occuparsi della cooptazione o elezione indiretta dei consiglieri e sindaci a palazzo Madama e non potrà in alcun modo riportare i cittadini a scegliere i senatori.