L’unitarietà dello sciopero e la massiccia adesione del 75% sono lo specchio del profondo disagio in cui vivono medici e infermieri. «È stato uno sciopero storico – sostiene Massimo Cozza, segretario nazionale della Fp Cgil Medici – Per il governo è un segnale fortissimo. È rara una mobilitazione di tutte le sigle dei sindacati dei medici ospedalieri, quelli di famiglia, i medici pediatrici, gli specialisti ambulatoriali, i veterinari, i sindacati confederali e quelli autonomi».

Massimo Cozza, segretario Fp Cgil medici
Massimo Cozza, segretario Fp Cgil medici

Frustrazione, senso di abbandono, precarietà. Questi i concetti più ricorrenti tra i medici. Mi può fare un esempio del disagio che si vive oggi?
Parliamo dei medici del pronto soccorso. Sono quelli che stanno in primo linea, le persone che sentono di più sulla loro pelle le picconate che i governi hanno dato al sistema sanitario in questi anni. Se ne trovano sempre di meno, a causa dei tagli. Sono sempre più anziani a causa del blocco del turn-over. Ci sono sempre più precari perché non si viene stabilizzati. Non hanno le risorse per affrontare i cambiamenti tecnologici. Il pronto soccorso è una zona di frontiera delicatissima a stretto contatto con il cittadino. Qui si misura il dramma sociale italiano: i cittadini non hanno più risorse per curarsi e si legano al pronto soccorso, mentre negli ospedali si perdono posti letto e aumentano i tempi di attesa. Per ragioni diverse, la sanità diventa un inferno per i medici e soprattutto per i pazienti.

Com’è stata recepita la direttiva europea sull’orario di lavoro?
È stata l’ultima goccia che ha fatto traboccare il vaso. Si sapeva che la norma sarebbe entrata in vigore il 25 novembre, ma nessuno ha fatto niente. Il governo ha scaricato le responsabilità sulle regioni, e le regioni si sono bloccate perché non hanno risorse. In questi giorni c’è il caos in tutte le aziende sanitarie. Non ci sono risorse per rispettare il nuovo orario di lavoro. Si rispetta la normativa sulle 11 ore di riposo, ma nelle altre 12 ore si lavora il doppio. Prima il medico che faceva il turno di notte aveva la responsabilità di due reparti. Oggi ce n’è uno su quattro reparti. Si sta passando dal medico stanco al medico stressato. C’è una deriva ragionieristica e aziendalistica nella sanità. Si risponde ai conti e non ai pazienti. L’autonomia professionale del personale è in ostaggio di questo meccanismo.

Il governo Renzi sta contribuendo a questa deriva aziendalistica?
Nella legge di stabilità c’è una norma che imporrà i piani di rientroaziendali sul modello della sanità regionale. Questa è una tagliola diabolica: si nomina un manager che avrà tre anni di tempo per far rientrare un ospedale come il San Camillo a Roma che ha 190 milioni di disavanzo. Se non ci riesce, decadrà automaticamente. Questa norma può portare a tagli indiscriminati. Per non decadere il manager sarà costretto a tagliare servizi e prestazioni, dato che ci sono ospedali gravemente esposti.

Vi preoccupa l’annuncio degli 8 miliardi di tagli entro il 2019?
È quello che prevede l’ufficio parlamentare di bilancio secondo il quale la tendenza in atto porterà la spesa sanitaria al 6,5% del Pil. In termini assoluti corrisponde alla cifra che lei ha citato. Gli esperti dicono che sotto questo livello comincia a ridursi l’aspettativa di vita. La gente finirà per non curarsi perché non avrà i soldi per pagarsi le cure. È una prospettiva devastante. Per questo il nostro allarme è forte. La migliore assicurazione sanitaria è il sistema sanitario nazionale.

Il ministro della salute Lorenzin sostiene che il suo governo non ha fatto tagli lineari e c’è stato un aumento graduale del fondo sanitario. Condivide?
In realtà gli aumenti che ci sono stati, quando ci sono stati, sono insufficienti rispetto a quelli che servivano e per rimediare al definanziamento rispetto al patto per la salute.

Per il ministro le risorse per le assunzioni ci sono. il fondo sanitario è superiore di 1,3 miliardi rispetto allo scorso anno. Per lei, invece, no. A chi credere?
Il governo non ha trovato i soldi per fare le assunzioni. Quello che chiediamo sono risorse aggiuntive e certe. Ad oggi queste risorse non esistono. Lo ha confermato lo stesso ministro ieri. Il miliardo e 300 milioni di cui parla il ministro è ciò che avanza dai tagli fatti al fondo sanitario. Il patto per la salute prevede oltre 115 miliardi, poi tagliati a 111,3. Per potere garantire le prestazioni essenziali servono molti più fondi. Senza contare che questi soldi dovranno servire per i nuovi livelli di assistenza, i vaccini, i farmaci per l’epatite C, mentre non si sa ancora dove si prenderanno le risorse per i rinnovi contrattuali. Il governo chiede alle regioni di trovarle attraverso i risparmi per applicare i costi standard ospedalieri. E quindi ridurrà i posti letto.

Continuerete con gli altri due scioperi annunciati da gennaio in poi?
Lo sciopero di ieri è stato una tappa di un percorso iniziato il 28 novembre. Useremo tutti gli strumenti utili finché non raggiungeremo gli obiettivi. Sempre in maniera unitaria. Questo sciopero ha rafforzato l’unità del mondo medico.

*** Dossier tagli alla Sanità

Sanità agli sgoccioli per tagli (21 gennaio 2015)

La Camera ha votato 2,35 miliardi di tagli alla Sanità (5 agosto 2015)

Tagli alla sanità, pazienti doppiamente fregati (7 agosto 2015)

Le Regioni: «Basta tagli alla sanità» (11 settembre 2015)

Tonino Aceti: «Renzi taglia le prestazioni sanitarie per finanziare l’abbattimento delle tasse» (24 settembre 2015)

Lo strappo delle regioni sulla Sanità. E spunta l’aumento di tasse e ticket (23 ottobre 2015)

Medici in piazza, sciopero il 16 dicembre: «No alla gestione contabile della salute» (29 novembre 2015)

Medici contro Renzi: 24 ore di sciopero (15 dicembre 2015)