Il cielo torna a rabbuiarsi sui destini dell’Irlanda del Nord. Lunedì scorso Martin McGuinness, co-premier del governo misto di Belfast, ha scelto di dimettersi, costringendo a decadere anche la collega unionista Arlene Foster. A imporlo sono gli accordi del venerdì Santo (1998) che hanno dato il via al processo di pace. Per il principio della condivisione dei poteri, a seguito di elezioni locali viene a formarsi un governo con rappresentanti dei maggiori partiti delle due comunità principali, unionista e repubblicana. Ma il governo rimane in piedi finché esiste la volontà delle due fazioni in tal senso.

Gli accordi prevedono che una volta dimessosi uno dei due premier, il suo partito abbia sette giorni di tempo per rimpiazzarlo, dopo di che vengono automaticamente indette elezioni. Queste si terranno il 2 marzo, ma tutto fa pensare che la situazione sia lungi dal potersi facilmente risolvere.

Tra McGuinness, ex leader dell’Ira – per giunta colpito di recente da un serissimo male – e Foster, orfana di padre a causa di un attentato dei paramilitari repubblicani, non correva buon sangue, non solo per questioni personali. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato uno scandalo di corruzione che ha coinvolto il partito unionista di cui Foster è a capo, il Democratic Unionist Party (Dup). Uno scandalo creativamente ribattezzato cash for ash – qualcosa come «soldi in fumo» – che ha al centro la concessione di incentivi economici a proprietari terrieri (principalmente protestanti per la peculiare stratificazione sociale del Nord) al fine di produrre riscaldamento con energie rinnovabili. E fin qui nulla di strano.

 

Arlene Foster, MLA Minister of Enterprise, Trade and Investment. Pic Mal McCann

 

Tuttavia Foster, architetto di questa legislazione, non ha previsto a suo tempo un sistema di controlli, col risultato che le sovvenzioni superavano di gran lunga i benefici, spingendo a produrre riscaldamento in surplus anche laddove non ve ne fosse bisogno. Peculiare il caso di una fattoria in cui venivano riscaldate stalle vuote al solo scopo di ricevere le sovvenzioni.

McGuinness e il suo Sinn Féin hanno richiesto le dimissioni, mai arrivate, di Foster, che ha poi aggravato la situazione con comportamenti estremamente arroganti e settari. Tra questi il veto su borse di studio intese allo studio della lingua irlandese.

All’orizzonte il ritorno di un settarismo divisivo: due schieramenti l’uno contro l’altro, e questo perché nonostante gli sforzi della fazione repubblicana (non ultimo la messa fuori uso dell’arsenale dell’Ira e non di quello dei paramilitari unionisti), la volontà della maggioranza protestante pare quella di mantenere i propri privilegi e non scendere troppo a patti con la minoranza cattolica.

Lo stallo dell’esecutivo nordirlandese rischia di aggravarsi per le difficili negoziazioni del Brexit. L’incertezza in termini di ristabilimento di un confine controllabile tra le due Irlande, assieme al risorgere di gruppi di paramilitari dissidenti che non mancano occasione per mostrare i muscoli (di qualche settimana fa l’omicidio nel centro di Cork di un ex figura di rilievo della Real Ira) non fanno prevedere scenari troppo rosei.