Torniamo al concetto di Stato in Gramsci, rileggiamolo: «Stato è tutto il complesso di attività pratiche e teoriche con cui la classe dirigente giustifica e mantiene il suo dominio non solo ma riesce a ottenere il consenso attivo dei governati». (Quaderni del carcere, Einaudi 1975, pp. 1785)

Gli elementi di novità teorica contenuti in questo concetto di Stato sono almeno tre:

a) lo Stato non viene definito come un ‘apparato’, una ‘macchina’, uno ‘strumento’, ma come un complesso di attività, come l’insieme delle attività delle classi dirigenti in quanto dirigenti. Questo significa che lo Stato non è più inteso come una fortezza da conquistare, come una macchina che possa essere alternativamente guidata da un personale politico o da un altro, come un apparato istituzionale che può essere posseduto da una classe o da un’altra, ma invece come insieme di azioni svolte da determinate classi, da determinate categorie sociali, da determinati gruppi dirigenti, da determinati uomini concreti;

b) le attività che costituiscono lo Stato sono attività «pratiche» e «teoriche». Questo significa che lo Stato non è ridotto alle attività ‘amministrativa’, ‘giudiziaria’ e ‘di polizia’, cioè all’esercizio pratico del potere – attività che ne costituiscono una parte – ma comprende anche attività elaborative, produttive di ideologie, informazioni e conoscenze. Ciò vuol dire che lo Stato non è teso alla conservazione se non attraverso il concreto sviluppo di determinati modi di sentire, di comprendere, di agire; e vuol dire che la produzione, l’organizzazione e la diffusione delle conoscenze è una parte dello Stato e che gli intellettuali – una parte di essi – sono parte dello Stato;

c) lo Stato non è ridotto alle attività di dominio (esercizio della coercizione) ma comprende le attività di direzione (costruzione del consenso); ma non si tratta semplicemente di questo, cioè del fatto di identificare una più complessa articolazione dello Stato. L’elemento di novità in Gramsci sta piuttosto in ciò, che lo Stato non si presenta più come una entità separata dalla vita collettiva, come un organismo a sé che domina e dirige la società in quanto si pone al di sopra di essa, ma come il complesso di attività che organizzano e rendono omogenee le moltitudini, che stabiliscono i rapporti di rappresentanza dei diretti da parte dei dirigenti, che infine coinvolgono attivamente le masse nello Stato stesso. Mentre solitamente lo Stato è visto come l’organismo che dal di fuori domina e dirige, riproducendo l’estraneità da sé dei dominati e dei diretti, Gramsci coglie il fatto che le attività statali non sono attività volte a fissare la separazione esteriore tra dirigenti e diretti, ma piuttosto a costruire l’integrazione dei diretti nello Stato; ciò non vuol dire che i diretti divengano dirigenti, ma che in quanto diretti si integrano nel complesso di attività statali che appunto tendono a realizzare i fini ed i progetti delle classi dirigenti.

* La parte prima di questo saggetto è stata pubblicata sabato 5 settembre, la seconda sabato 3 ottobre, la quarta sarà pubblicata sabato 5 dicembre 2015)
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