Nel momento peggiore la Corea del sud vede esplodere una crisi politica senza precedenti: tutti si aspettano da anni una implosione del regime di Kim Jong-un, a nord, e invece è a sud che avviene l’imprevedibile. Nel giro di un mese la presidente coreana Park Geun-yeh ha perso la faccia, la fiducia del suo elettorato forte – per lo più anziani, commercianti e ceto conservatore legato alle grande aziende – e ha convinto quella massa di giovani alieni al «mondo» da cui proviene Park, di non essere adatta alla funzione di presidente.

LE VICENDE DELLA «SCIAMANA» che avrebbe avuto, da anni, un ascendente incredibile sulla presidente, figlia del passato dittatore sud coreano, fino a creare una sorta di coppia di potere incubatrice di mazzette e malaffare, ha portato il parlamento di Seul a votare per l’impeachment nei confronti di Park Geun-yeh, eletta nel dicembre 2012, prima donna nella storia del paese a diventare presidente. Tecnicamente e politicamente si tratta di un disastro, dalle conseguenze al momento imprevedibili. La Corte costituzionale ora ha sei mesi di tempo per confermare la decisione del Parlamento, festeggiata da migliaia di persone che ormai hanno voltato le spalle a Park. Lei, la «lady di ferro», «l’Elisabetta I» della Corea, continuerà a stare alla Casa blu, a percepire i 15mila dollari di stipendio ma è sostanzialmente esautorata: attorno a lei, in pratica, è già partita la corsa elettorale (l’anno prossimo Park sarebbe in ogni caso giunta a fine mandato).

TRA I POTENZIALI SUCCESSORI si fa insistentemente il nome dell’attuale e uscente presidente delle Nazioni unite Ban Ki-moon, che ha fatto sapere di «seguire con preoccupazione» gli sviluppi in Corea del Sud, specificando di «continuare a credere nella maturità e nella forza delle istituzioni del suo paese, fiducioso che il popolo sudcoreano saprà superare le attuali difficoltà attraverso l’unità e l’impegno per la democrazia». Il segretario generale al termine del suo mandato alla guida delle Nazioni unite, che scade il 31 dicembre, tornerà in Corea del sud, e secondo molti osservatori si candiderà per la presidenza. Al momento il premier diventato presidente Hwang Kyo-ahn ha riunito d’urgenza l’esecutivo e subito dopo ha tenuto un breve discorso assicurando che «sotto tutte le circostanze, manterremo la stabilità del paese» chiamando all’unità e alla coesione.

LA CRISI POLITICA SUDCOREANA ha un contorno regionale non da poco: la caduta di Park arriva in un momento delicato, seguito all’elezione di Donald Trump alla presidenza americana, alle proteste di Pechino contro il sistema missilistico concordato da Seul con Washington e con la costante tensione delle relazioni con un Nord che esce naturalmente soddisfatto da questa crisi politica, che colpisce la «quarta tigre» d’Asia alle prese con problemi del welfare e di sicurezza, non risolti da una Park che recentemente è apparsa isolata anche dal nocciolo duro dei suoi elettori, perfino quelli più nostalgici nei confronti del padre. E il paradosso è che a giovarne potrebbe essere proprio la Cina, perché i potenziali candidati alle prossime presidenziali vengono considerati deboli rispetto alle politiche cinesi e nord coreane. Anche lo stesso Ban Ki-moon è stato criticato proprio in quanto presidente dell’Onu per la sua supposta mancanza di sensibilità sui temi dei diritti umani. Un primo appuntamento che potrebbe saltare è proprio l’incontro previsto con Tokyo e Pechino nei prossimi giorni per discutere degli equilibri della penisola coreana.

PECHINO DAL CANTO SUO ha auspicato il ritorno quanto prima della stabilità politica in Corea del sud in modo da poter continuare a sviluppare le relazioni bilaterali: lo ha detto il portavoce del ministero degli Esteri Lu Kang, nella conferenza stampa: «Come stretti vicini, speriamo che la situazione in Corea del Sud possa favorire il ritorno della stabilità il più presto possibile», ha affermato Lu. Quanto all’impeachment, si tratta di un affare interno di un altro paese su cui «il governo cinese non esprime commenti». Il portavoce, tuttavia, ha osservato che Pechino «spera ancora che le relazioni con la Corea del Sud abbiano sviluppi positivi» rimarcando che la posizione cinese è invariata sull’opposizione assoluta all’installazione nel Paese dei sistemi anti-missile americana Thaad che dovrebbero scoraggiare le potenziali intemperanze balistiche nordcoreane.