Quei corpi fasciati in vestiti di seta, l’ironia struggente di uomini e donne messi a nudo nelle loro fragilità e domande d’amore, i tacchi alti da cui sdrucciolare mentre ci si aggiusta l’abito da sera che tira inesorabilmente nei punti dove mai vorremmo accadesse. Basta in questi giorni un giro tra i social per ritornare in un valzer emozionale di immagini e tweet a Kontakthof, pezzo di culto di Pina Bausch in scena con gli infaticabili danzatori del Wuppertal Tanztheater, fino a domani, alla Brooklyn Academy of Music di New York per il Next Wave Festival. L’occasione è il trentesimo anniversario del debutto della compagnia al BAM, in scena volti storici dell’avventura di Bausch a confermare la longevità e l’intelligenza di un repertorio che continua a suscitare dibattiti. Un esempio per tutti la discussione «Politics of Partecipation» che sta coinvolgendo sul web numerosi artisti, complice la collaborazione con il Festival Dance Umbrella di Londra.

Dall’aprile dell’anno scorso il Wuppertal Tanztheater è diretta da Lutz Förster (e come non ricordare il suo The man I love di Gershwin, danzato con il linguaggio dei sordomuti in Nelken dell’83), e accanto a lui ritroviamo nell’ensemble nomi che costituiscono la memoria e il presente di un’avventura non terminata. Fino a giugno il calendario è annunciato, con tournée in Canada, Anversa, Londra, Parigi, Taipeh, ma quale sarà il futuro? Come risolvere il confronto tra il mantenimento in vita del repertorio e possibili nuove creazioni che, per forza di cose, non potranno più avere la firma di Pina?

Intanto più di un artista del Wuppertal Tanztheater sviluppa, contemporaneamente al lavoro in compagnia, paralleli percorsi personali. Tra questi c’è Cristiana Morganti, danzatrice italiana nella compagnia di Bausch dal 1993 – in questi giorni è a New York con Kontakthof -, che ha appena presentato a Reggio Emilia, nell’ambito del festival Aperto, il suo nuovo, pungente assolo Jessica and me, ancora in Italia dal 5 dicembre fino ad aprile 2015 con tappe a Rimini, Modena, Pistoia, Perugia Roma, Piacenza, Torino.

Auto-ironica, piglio intelligente, capelli ricci e corpo sinuoso, Cristiana già rielaborò la sua esperienza con Bausch nel 2010 con la conferenza danzata Moving with Pina. Un assolo in realtà che ci portava con divertimento e commozione dentro il mondo Bausch e la sua eredità.

Jessica and me sposta il punto di osservazione: il tema chiave è la capacità del distacco, i dolori e la felicità del fare coreografia, lo sguardo sul proprio passato per capire il presente. Tutto senza melensaggini o pesantezze.

L’incipit è strepitoso. Una diagonale nello spazio, la voce fuori campo di Cristiana che commenta quello che anche noi vediamo in scena. Sì, è difficile cominciare, trovare la battuta di partenza, non rovinare tutto con un avvio scadente. Cristiana ha un’ironia sferzante e giocosa. Diventiamo consapevoli degli inghippi della creazione, dei dubbi su se stessi, delle lotte con il proprio corpo. Certo, speriamo di essere differenti dalla giornalista invasiva, pressapochista, che corrisponde nello spettacolo all’invisibile, macchiettistica, figura di Jessica: voce che esce da un vecchio registratorino a cassetta alla quale Morganti si dispone, pazientemente, a rispondere. «Perché si danza? Forse per colmare un vuoto emotivo? Per il bisogno di mostrarsi? Ma con Bausch era psicoterapia?» Accidenti.

Il ritmo tra movimento, parola, l’alternanza tra l’intervista con l’orrida Jessica e il racconto rivolto al pubblico, è condotto con brillante maestria. Morganti ha un guizzo comico raro nella danza contemporanea, esilaranti sono i suoi drammi adolescenziali, con punte e tutù troppo stretti, intrecciati con gli anni a Wuppertal e la sua vita di oggi. E con lei sorridiamo, ognuno di noi portato con leggerezza a intrecciare ciò che vede con la propria storia. E in questo renderci partecipi, Cristiana rende suo l’insegnamento di Pina.