Non è facile scrivere opere storiografiche di carattere generale, soprattutto alla luce dei più recenti dibattiti sul senso, la funzione e i contenuti della storia. Tantomeno lo è per quanto riguarda la storia del cristianesimo, un oggetto di studio quantomai complesso, dal momento che il fenomeno cristiano è stato ed è, in diversi periodi ambienti società, movimento di contestazione dell’esistente in nome delle esigenze di un regno di Dio di misericordia e riscatto, e, viceversa, per lunghi secoli e in molte società, fattore di conservazione di istituzioni e di assetti sociali; inoltre è stato influenzato da culture diverse e ha a sua volta plasmato pensiero arti politiche economie. Per questo una Storia del cristianesimo generale deve prendere in carico la capacità mimetica, i pluriformi sviluppi e anche le diluizioni su diversi versanti dello specifico cristiano; in una parola: la sua influenza.

Per altro lo specifico cristiano è anch’esso un problema storiografico, se non il problema per eccellenza: qual è e dove collocarlo, al di là del fascino e della risonanza della figura di Gesù di Nazaret?

Quanto appena detto costituisce l’intento di fondo, cui corrisponde una buona riuscita, della nuova Storia del cristianesimo in quattro volumi pubblicata con bella veste editoriale dalla casa editrice Carocci, sotto la direzione scientifica generale di Emanuela Prinzivalli, che ha curato anche il primo volume, dedicato all’età antica (secoli I-VII), mentre i seguenti, consacrati all’età medievale (secoli VIII-XV), moderna (secoli XVI-XVIII) e contemporanea (secoli XIX-XXI), sono curati rispettivamente da Marina Benedetti, Vincenzo Lavenia, Giovanni Vian (I volume, pp. 489, euro 44; II, pp. 477, euro 43; III, pp. 521, euro 46; IV, pp. 502, euro 44).

Nella pagina liminare Prinzivalli, dopo aver rilevato le tante novità di carattere politico sociale economico che caratterizzano il mondo attuale rispetto ad anni anche non molto lontani, con ovvia particolare attenzione all’interesse che suscita oggi il fatto religioso, rileva che «questo rinnovato interesse, in un’epoca che rischia di ancorarsi al momento presente e non distinguere l’opinione dalla conoscenza fondata sull’analisi critica, ha estremo bisogno dello sguardo lungo della storia, dell’interpretazione degli eventi e di una trattazione che con chiarezza espositiva ne restituisca, per quanto possibile, la complessità».

Da questa dichiarazione programmatica ricaviamo le due direttrici fondamentali che hanno fissato la fisionomia generale dell’impresa: chiarezza espositiva e analisi critica. La chiarezza espositiva non era facile da realizzare in un’opera la cui trattazione, per evidenti motivi di opportunità, è stata frazionata tra tante mani: ad esempio, ben quindici, raggruppati in tre parti, sono i contributi che costituiscono il primo volume, quello dedicato all’età antica (secoli I-VII), e più o meno la stessa suddivisione caratterizza gli altri tre volumi. Ben si sa quanto sia difficile realizzare l’omogeneità in un’opera scritta a più mani, e la prima a scapitare per la mancanza di omogeneità è necessariamente la chiarezza. Il fatto che tutti e quattro i volumi si facciano leggere agevolmente e con scioltezza sta a significare non soltanto una adeguata e ben programmata impostazione di base, ma soprattutto l’attento lavoro dei curatori.

Quanto all’impostazione critica che ha presieduto alla realizzazione dell’opera, prendiamo come specimen, con riferimento alle intitolazioni, le tre parti in cui sono stati raggruppati e ripartiti i quindici contributi che costituiscono il primo volume: a un titolo piuttosto ovvio in quanto inevitabile, Come nasce il cristianesimo, fanno seguito quelli della seconda parte, che raggruppa ben sette contributi, Cristianesimo, società, istituzioni, e della terza, Culto, ideali di santità, luoghi di devozione. Bastano questi tre titoli, senza necessità di dettagliare più minutamente, per capire che l’impostazione generale di quest’opera privilegia, quasi alla maniera francese della scuola delle Annales, la storia sociale e la prospettiva interdisciplinare rispetto a quella cosiddetta evenemenziale, cioè la successione dei fatti. L’attenzione alle grandi questioni storiografiche, già presente nel primo volume, si conferma e si amplia nei volumi secondo e terzo, che riguardano secoli nei quali il cristianesimo plasma largamente la società e le istituzioni. Perciò è tanto più significativo, nel secondo volume, l’intento costante di mostrare i tratti più cristianamente, direi evangelicamente, pregnanti, nell’affrontare temi, problemi e personaggi (tra i quali Francesco d’Assisi e Valdesio di Lione). La peculiarità del terzo volume mi sembra essere lo sguardo globale, che non trascura i contatti, le contaminazioni e gli scontri tra cristianesimo e altre religioni monoteiste.

Si è detto sopra circa la prospettiva di metodo adottata nei volumi. Ovviamente i fatti non mancano, pur qualche volta ridotti al minimo. Ma va evidenziato il guadagno realizzato con la presenza di tematiche che non avevano finora trovato spazio in opere analoghe, eppure sono essenziali per comprendere articolazioni e pervasività del fenomeno cristiano; nel primo volume l’ampia disamina sull’evoluzione della liturgia, sui modelli di santità (indipendentemente dalla trattazione, a parte, sul monachesimo), sulle forme e sui luoghi di culto, le pagine dedicate a oralità e scrittura e alle tradizioni patristiche. Nel secondo e nel terzo volume si consacrano capitoli all’arte cristiana nelle sue diverse articolazioni; ancora, nel secondo, si nota l’interesse per la cultura, la scuola, il diritto (tematica fondamentale per capire lo sviluppo della Chiesa in occidente); nel terzo abbiamo capitoli sui processi di disciplinamento del corpo, della coscienza, della politica, sull’uso del denaro, sul rapporto fra scienze della natura e teologia, sulla cultura letteraria, quest’ultimo attento a non trascurare un argomento specifico ma di grande peso esegetico-dottrinale come le riscritture della Genesi. Quanto al quarto volume, il suo spingersi fino all’oggi ne fa necessariamente un’opera per buona parte nuova.

Qualche carenza nell’esposizione dei fatti era, di conseguenza, inevitabile: nel primo volume è ridotta a meno che al minimo la trattazione di un argomento fondamentale come quello dell’arianesimo; nel secondo si parla molto delle crociate a livello di ideologia ma è insufficiente il racconto del loro singolo svolgimento. Nel terzo volume non ho riscontrato il nome di Richelieu: considerato che la guerra dei Trent’anni si concluse in modo da salvaguardare l’esistenza dei protestanti in Germania soltanto perché, verso la fine, la Francia entrò direttamente in guerra per risollevare la pericolante situazione di quelli a discapito dell’Impero e della Spagna, la carenza va sottolineata. Nel quarto volume mi pare che non venga adeguatamente sottolineato come la violenza indiscriminata della reazione al modernismo abbia fatto precipitare la cultura cattolica in un ghetto di emarginazione dal quale solo studiosi laici, o qualche ecclesiastico formato nelle università statali, cercano tuttora faticosamente di farla emergere.

La scansione cronologica è di tipo tradizionale: le sperequazioni (mille anni per il medioevo, duecento per l’epoca moderna e quella contemporanea) si spiegano in quanto i vari periodi nei quali si ripartisce la storia del cristianesimo sono caratterizzati come tali dalla varia fisionomia che questa storia ha assunto col trascorrere dei secoli, dai quasi mille anni della chiesa medievale – arbitra di fatto delle sorti dell’Europa in quel lungo periodo di tempo –, alla messa in questione al tempo del Rinascimento e della Riforma, fino alla secolarizzazione da una parte e alla globalizzazione dall’altra, tipiche del nostro tempo. In effetti la trattazione si spinge fino a ben dopo il concilio Vaticano II, fino all’ecumenismo del secolo XXI e a papa Bergoglio.

In altri tempi si consigliava, addirittura si prescriveva, di non spingere la ricostruzione troppo verso il presente, stante l’esigenza di una «giusta» distanza considerata indispensabile al fine di una valutazione critica, cioè storica e non meramente cronachistica, dei fatti più recenti. Questa esigenza sembra ormai da tempo tramontata, in un mondo in cui il presente si impone sempre di più, e basta il trascorrere di pochi anni per relegare i fatti passati in un limbo acronico, per cui è giocoforza adeguarsi. A questo proposito, comunque, vorrei rilevare che l’aver privilegiato una prospettiva di storia sociale, dottrinale e delle instituzioni rispetto a quella degli eventi ha indubbiamente giovato in modo particolare alla trattazione dell’ultimo volume, in quanto ha permesso una visione globale delle problematiche attuali a livello anche di teoria, senza eccessivi frazionamenti cronachistici. E anche per i precedenti volumi, ha permesso di cogliere al meglio l’interazione delle istituzioni ecclesiali, dell’elaborazione del pensiero e delle pratiche, con quelle del mondo esterno.

Vorrei infine rilevare con soddisfazione che, salvo poche eccezioni, i collaboratori, sia più sia meno giovani, di questa impegnativa iniziativa editoriale sono italiani, proponendoci quindi un eloquente specimen dell’alto grado di efficienza che gli studi storici da svariati decenni hanno raggiunto nel nostro paese pur tanto disastrato, con punte di eccellenza tali da qualificarli a livello molto alto in ambito internazionale.