Un parto duro e travagliato durato due mesi, e a un passo dal battesimo del nuovo Csm, si ricomincia. Il Parlamento dovrà sostituire uno degli otto membri laici eletti appena una settimana fa – Teresa Bene, in quota Pd – perché non ha i requisiti giusti per sedere a Palazzo dei Marescialli. Ieri il plenum del Csm, nella sua prima riunione presieduta dal Capo dello Stato Napolitano, su proposta della Commissione verifica titoli ha dichiarato all’unanimità «ineleggibile» la professoressa Bene. Mentre ha eletto alla vice presidenza il candidato di Renzi, Giovanni Legnini, dimissionario dall’incarico di sottosegretario all’Economia, con 20 voti a favore su 25 (tre schede bianche, una nulla e un voto per Giuseppe Fanfani che si era già detto indisponibile).

Docente di Procedura penale all’Università di Napoli e iscritta all’albo degli avvocati, Teresa Bene è stata scelta dal Parlamento per il suo «basso profilo politico» nella rosa di nomi indicata dal ministro della Giustizia Andrea Orlando che comprendeva anche la deputata Anna Rossomando, della direzione del Pd, l’ex deputata democratica Cinzia Capano e l’avvocata Stefania Cherubini, membro dell’Oua.

Ma lo “smacco” è duro, arriva come un’onda anomala nelle acque già agitate del Pd. E rischia di creare ulteriore tensione tra Orlando e il premier Renzi, che sulla riforma della Giustizia procede parallelamente ma in direzione opposta a quella del “suo” Guardasigilli. «Queste sono le cose che un partito non dovrebbe permettersi di fare per quanto riguarda le elezioni degli Organi di garanzia», attacca la presidente dell’Antimafia Rosy Bindi che rivendica: «Io l’avevo segnalata e sono stata inascoltata». E ora al partito di Renzi, pressato dall’imperativo della parità dei generi, resta il grattacapo di trovare «un’altra donna» che abbia tutte le carte in regola.

Il plenum del Csm infatti ha ritenuto che Bene non avesse i 15 anni di esercizio della professione forense richiesti dall’articolo 104 della Costituzione per l’elezione a membro laico in alternativa al titolo di professore ordinario in materie giuridiche. «Ma la professoressa Bene – spiegano a via Arenula – è iscritta all’albo degli avvocati dal 1994 anche se, insegnando a tempo pieno come docente associato, malgrado abbia vinto il concorso come ordinario, non esercita la professione di legale. Il ministro Orlando ha solo indicato il suo nome tra altri, non era certo suo compito controllare che la documentazione dei titoli presentata fosse sufficiente». Lo staff del ministro ricorda anche che «fino a tre giorni fa sedeva al Csm il professor Albertoni, docente di dottrine politiche, per il quale, con un’interpretazione meno restrittiva dei requisiti, al posto del titolo accademico è stata fatta valere l’iscrizione all’ordine degli avvocati».

La stessa Teresa Bene, replicando ieri in sede di plenum alla proposta di ineleggibilità formulata sul suo conto si è difesa giudicando la decisione «errata, infondata e strumentale»: «I miei diritti sono stati platealmente violati. Spiace moltissimo – ha detto prima di lasciare l’Aula di Palazzo dei Marescialli – constatare che questo avvenga in un organo di rilevanza costituzionale». Bene potrà fare ricorso ma essendo una “prima” assoluta non è ancora chiaro quale sia l’organo competente. Ma c’è da giurarci che il pallino sparato ieri dal Csm vagherà a lungo nelle stanze vuote del Pd.