«Credo che Cuba debba prepararsi a un rallentamento nel processo di normalizzazione con gli Stati Uniti. O peggio a una decisa marcia indietro rispetto all’apertura voluta dal presidente Barack Obama». Non nasconde le sue preoccupazioni Esteban Morales, grande esperto delle relazioni tra l’Avana e Washington, tema sul quale ha scritto due libri e varie pubblicazioni.

Professore, si riferisce alle ultime dichiarazioni di Donald Trump che accusa lo scomparso Fidel di essere stato un sanguinario dittatore?
È un linguaggio indecente per un personaggio politico che guiderà la diplomazia di un grande paese. Non solamente per la sua aggressiva ingerenza e per la sua protervia imperiale, ma perché va contro una realtà che non dovrebbe ignorare. Ovvero che Cuba si è conquistata una sua credibilità non solo in America latina, ma nel mondo. Un tale linguaggio non solo offende i cubani, ma anche la maggioranza dei latinoamericani e di buona parte dei suoi concittadini che ormai sono convinti che con Cuba bisogna avere rapporti normali e civili.

Il nuovo presidente statunitense ha anche annunciato di voler cambiare politica rispetto a Cuba…
Trump ha cavalcato il profondo malessere di quella parte della società nordamericana – bianchi, operai, piccola borghesia- più colpita dalla crisi. La sua intelligenza politica si è dimostrata nel saper capitalizzare questo malessere e, con un linguaggio populista e xenofobo, tradurlo in voti . Ma come presidente commette un errore. Quello di ignorare che, come ho detto, una quota sempre più grande dei suoi concittadini vuole una politica pragmatica, non ideologica nei confronti di Cuba. Tra questi, ad esempio, vi sono i contadini del midwest, suoi elettori, ma assolutamente decisi a mantenere e a ampliare le vendite di prodotti alimentari a Cuba.

Pensa che Trump possa fare marcia indietro e buttare nella spazzatura le misure aperturiste attuate da Obama? La nomina di Claver-Carone , un noto anticastrista, nel suo staff di transizione del Dipartimento del Tesoro starebbe a indicarlo.
Il presidente Barack Obama ha avuto il coraggio di mettere in questione una politica fallimentare come l’embargo statunitense e di cominciare a smontarlo. Per farlo ha attuato il provvedimento con una sorta di decreti presidenziali, che non sono leggi e che il nuovo presidente può di fatto eliminare. Non solo, il grosso dell’embargo resta in piedi anche adesso. Non poco tempo fa l’amministrazione Obama ha imposto una nuova multa onerosa a una banca straniera accusata di non rispettare il blocco finanziario. La nomina di Claver-Carone voluta dalò neoeletto presidente Trump è pericolosa perché è proprio il Dipartimento del Tesoro che applica le misure extraterritoriali dell’embargo.

Dunque prevede addirittura un possibile congelamento della normalizzazione tra Cuba e Stati uniti?
Più che prevedere, temo sia possibile. Gli insulti a Fidel, le minacce di cambio di linea, la nomina di Claver-Carone sono atti indubbiamenti ostili. Ma oggi Cuba è in una posizione migliore di quando, più di cinquant’anni fa, gli Stati uniti dichiararono l’embargo unilaterale. Non è più isolata, né in America latina né nei confronti dell’Europa. Anzi, con il subcontinente latinoamericano vi è da anni una piena integrazione che rende possibile rispondere con successo alle eventuali minacce di Trump. E anche l’Unione europea dimostra di voler abbandonare la cosidetta «posizione comune» e avere pieni rapporti commerciali e politici con l’Avana.