L’appuntamento è a Villa Gordiani, un’area verde nel quartiere Prenestino a sud est di Roma salvata dalla speculazione edilizia dei palazzinari. Un gruppo di ragazzine si allena facendo il giro intorno all’area, dirette da Mauro Pascolini un allenatore non più giovane ma con la passione di un ventenne. Parla del quartiere operaio, di quando c’era il Pci, della polisportiva popolare Villa Gordiani, che ha fondato e permette a tanti ragazzi di fare sport a poco prezzo e se vogliono anche dilazionato. Pascolini è il massimo esperto in Italia dello sport cubano, cui ha dedicato un libro Sport e Rivoluzione, intrattiene da anni stretti rapporti con i massimi vertici dello sport di Cuba e vanta un’amicizia personale con Juantorena, ministro dello sport a Cuba e medaglia d’oro alle olimpiadi di Montreal nei 400 e 800 metri, unico al mondo a vincere l’oro in entrambe le gare. Mauro Pascolini ha insegnato educazione fisica nelle scuole di Roma, ha fondato la Scuola nazionale di atletica leggera e coperto vari incarichi al Coni. Attualmente è segretario generale dell’Associazione italiana tecnici di atletica leggera (Assital). Oltre a Sport e Rivoluzione, tradotto e pubblicato nel 2003 anche a Cuba con prefazione di Juan Juantorena, tra i suoi volumi più recenti Movimento umano e alimentazione (2009)e Doping. Imbrogli e nefandezze varie (2010). Con Simona Costa ha recentemente pubblicato Dal cucciolo al fanciullo dal giovane al campione. Trattatello pedagogico sull’educazione al movimento e allo sport nel XXI secolo (2014).

Mauro Pascolini, quale è la situazione dello sport a Cuba?

Prima della rivoluzione a Cuba non c’era nessun campione, eccetto uno schermidore, Ramòn Fonst, perciò non esistevano allenatori. Fidel Castro e Che Guevara furono due sportivi praticanti e fin dai primi mesi dopo la rivoluzione, avvenuta nel gennaio del 1959, si posero il problema di estendere la pratica dello sport agli strati più ampi della popolazione cubana. I primi da avviare allo sport erano i ragazzini, perciò individuarono coloro che avevano un contatto quotidiano con i ragazzi, le maestre. Tra il 1960 e il 1965 le maestre furono appositamente formate nell’ambito delle attività motorie, alcune della quali successivamente divennero anche brave allenatrici di atletica.

E oggi?

Con l’istituzione dell’Inder (Istituto nazionale dello sport, educazione fisica e ricreazione ndr) Cuba ha dato vita a un vasto movimento sportivo i cui atleti di vertice hanno consentito a Cuba di occupare le migliori posizioni a livello internazionale. Un movimento che negli ultimi quarant’anni ha espresso campioni come Juantorena, Teòfilo Stevenson, Ana Fidelia Quirrot, il saltatore in alto Javier Sotomayor. Questi campioni sono il risultato di 35 mila allenatori presenti su tutto il territorio di Cuba.

La politica di selezione dei campioni garantisce visibilità internazionale. Cuba come le grandi potenze sportive?

A Cuba lo sport è praticato a livello di massa e conta su una capillare rete organizzativa, non si spiegherebbero altrimenti successi di livello mondiale con una popolazione di 12 milioni di abitanti. L’attività motoria è praticata dall’età di quattro anni fino all’università dove gli studenti possono praticare ogni sport. Il movimento di base è garantito dalla scuola, tutti praticano l’atletica, sport dove Cuba eccelle a livello internazionale. Inoltre, gli studenti devono conoscere bene uno sport di squadra come la pallavolo o la pallacanestro e uno di combattimento, i più praticati sono il pugilato, lo judo, la lotta e il taekwondo. Naturalmente, lo sport più praticato a Cuba è il baseball, è lo sport per eccellenza come per noi è il calcio, tutti i ragazzi a partire dai più piccoli maneggiano la mazza da baseball con palline piccole. Lo sport a Cuba è un diritto di tutti non c’è cittadino cubano che negli ultimi quarant’anni non abbia praticato o pratichi uno sport. Il principio che caratterizza la politica sportiva a Cuba è “en ciclo y en espiral” in ciclo e in spirale, coinvolgere tutti a 360 gradi e favorire la crescita verso l’alto, come una spirale.

Come avviene l’individuazione dei talenti e dove si formano?

Quando a scuola l’insegnante di educazione fisica individua uno studente particolarmente dotato, propone il suo ingresso alla Scuola di avviamento allo sport (Escuela de deporte, Eide), esistono due per ogni provincia. Durante i corsi, le Eide delle province tra loro vicine, organizzano il sabato o la domenica delle gare sportive in vista dei Campionati studenteschi, che si svolgono a luglio e coinvolgono studenti insegnanti e genitori. Le fasi finali dei Campionati studenteschi vengono trasmesse per più giorni dal canale televisivo nazionale Telerebelde. A seconda dei risultati ottenuti, i più bravi accedono alle scuole di perfezionamento sportivo (Espa), una struttura presente in tutte le province di Cuba, qui possono allenarsi e completare gli studi. I migliori talenti infine, frequentano il Centro di Alto rendimento, dove si formano gli atleti che competono a livello internazionale. Quello che tanti nello sport chiamano il “miracolo cubano” è il risultato di un’attenta politica che coinvolge tutti dallo sport di base al vertice, i due aspetti non sono scissi tra loro, ma fanno parte di un unico progetto. A Cuba non ci sarebbero i campioni di livello internazionale se non ci fosse un vasto movimento sportivo di massa.

Quelli che non diventano atleti di alto livello agonistico?

Coloro che non ottengono buoni risultati o non desiderano proseguire gli studi all’università, possono frequentare il Politecnico, una scuola di insegnamento tecnico dove possono specializzarsi in economia, meccanica, informatica o frequentare i corsi di paramedicina. Anche in questi istituti i giovani cubani continuano a fare sport.

I media come trattano lo sport?

A Cuba ci sono due trasmissioni sportive televisive quotidiane, una parla di tutti gli sport, compreso quello dei disabili al quale vengono dedicati dieci minuti al giorno. Una seconda trasmissione parla prevalentemente di baseball, è paragonabile alla nostra Domenica Sportiva. I cubani sono grandi appassionati di baseball, e come da noi per il calcio si ritengono tutti grandi allenatori, nella piazza principale di L’Avana, la Parque Central, si può assistere ad accese discussioni sul baseball, che i cubani chiamano pelota. In tutta l’isola ci sono le esquinas calientes, gli angoli caldi, dove si incontrano gli appassionati di baseball per discutere dei risultati, i giocatori più forti, i colpi di classe o gli errori commessi durante una partita. Sui prati, invece, si vedono i bambini di ogni età che con mazze da gioco ripropongono colpi e mosse imitando i campioni di baseball, d’altronde la nazionale cubana di baseball è tra le più forti al mondo, seconda solo agli Stati Uniti.

L’apertura degli Usa verso Cuba avrà un riflesso anche sullo sport?

Cuba proseguirà lungo la sua strada anche nello sport. Certo la presenza degli americani a Cuba potrebbe significare più soldi da offrire agli atleti di alto livello agonistico, che oggi mantengono lo status di dilettanti. In passato agli atleti restava solo il 20% degli introiti provenienti dalle vittorie internazionali e l’80% andava allo stato cubano, oggi è il contrario. I “negrieri dello sport” potrebbero pagare di più, inquinando gli stili di vita degli atleti, i principi che sono stati alla base della formazione sportiva e sociale degli atleti cubani sui quali si sono formati in questi decenni, rifiutando la logica del professionismo e dell’arricchimento individuale. Il pericolo che corre lo sport cubano è che potrebbero saltare i valori genuini, che tutto ruoti intorno ai soldi, ma i soldi non sono tutto. (A questo punto dell’intervista Mauro Pascolini alza l’indice e il tono di voce, quasi un monito alle ragazzine della polisportiva popolare di Villa Gordiani del quartiere popolare romano Prenestino, che intanto hanno finito l’allenamento e a breve distanza attendono in silenzio che il taccuino del cronista si chiuda, prima di salutare il loro allenatore, che tra qualche settimana parte per Cuba).