«L’atto politico richiesto» per il momento lo ha fatto lui, Gianni Cuperlo. E non è il primo. Matteo Renzi gli ha fatto chiedere di venire in piazza e lui c’è andato, dopo aver accettato di prendere posto nella commissione che studia il modo per eventualmente proporre una possibile modifica dell’Italicum, dopo il referendum. «Il sentiero è stretto, me ne rendo conto», dice Cuperlo in piazza del Popolo, «ma è giusto provare. Del resto Bersani ha detto che se ci fossero novità importanti ripenserebbe la sua posizione sul referendum. Io lavoro per arrivare lì». Intanto si fa un selfie con la ministra Boschi.

Renzi , di qui al 4 dicembre, probabilmente concederà a Cuperlo l’«atto politico richiesto», che poi è un’ipotesi di modifica dell’Italicum formalizzata in un qualche documento parlamentare, per il momento non gli ricambia la cortesia. Seppure a proposito dell’Italicum dica «non abbiamo aperto, abbiamo spalancato», nel comizio finale non va oltre lo slogan. La posizione del segretario è sempre la stessa, considera ottima la nuova legge elettorale – ha solo smesso di dire che tutti gli altri paesi d’Europa ce la copieranno -, giudica il ballottaggio «essenziale», ma è disposto a parlare di cambiamento «per togliere l’alibi» agli altri. In questo sentiero stretto Cuperlo è rimasto incastrato. «Chi dirige il partito deve farsi carico di chi ha scelto di non venire in questa piazza», dice. Ma è un desiderio che si infrange contro il comizio del segretario. Renzi si avvia a concludere la campagna elettorale con lo stesso schema «nuovo contro vecchio» con cui l’ha cominciata. Se nel confronto televisivo con De Mita non ha reso granché, in piazza funziona ancora. Con i suoi corollari: frenatori contro innovatori, uomini solo chiacchiere contro generazione futuro; il piccolo particolare è che questa volta l’antitesi serve a chiamare un applauso contro due ex segretari. D’Alema è indicato con nome e cognome, per Bersani solo un’allusione ma chiarissima. Roberto Speranza che incarna la minoranza bersaniana da piazza del Popolo è rimasto lontano. Reagisce con una dichiarazione. «Renzi deve stare attento a non allontanare dal Pd quella parte di elettori e militanti che sono per il Sì e che rischiano di non sentire più il partito come casa propria». «No comment» sulla decisione di Cuperlo di partecipare, che invece da fuori del Pd si guarda con preoccupazione. «Voglio sperare – dice Alfredo D’Attorre di Sinistra italiana – che la partecipazione di Cuperlo alla manifestazione del Pd per il Sì non segni la sua defezione nella battaglia per la difesa dell’equilibrio costituzionale e per una nuova legge elettorale». Anche perché nel fronte del No «si è costituito un ampio schieramento di forze politiche e sociali della sinistra: non solo Sinistra Italiana e larghissima parte della sinistra Pd, ma anche Cgil, Anpi e Arci». Tutte realtà che Renzi non cita mai quando descrive il campo del No, che – ha detto ieri – «è il vero partito della nazione».

Secondo Pippo Civati «Renzi ha parlato solo del passato, dei suoi avversari e dei pericoli in caso di vittoria del No, pericoli soprattutto per lui». E sempre ieri anche a Roma si è tenuta la mobilitazione per il No organizzata in altre cento piazze d’Italia: un gruppo di studenti ha manifestato con le maschere di antichi romani, e lo slogan: «Il potere nelle mani di pochi, un’idea vecchia di 2000 anni». «Se Renzi ha il coraggio di dire che la vittoria del No riporterebbe il paese indietro di 30 anni, noi rispondiamo che la vittoria del Sì ci riporterebbe ai tempi dell’impero di Roma». Sullo sfondo il Colosseo.