La storia della città ha una sua tradizione storiografica, soprattutto in Italia, nella quale si mescolano interessi eruditi e campanilistici, ma anche la consapevolezza che le città sono state nella penisola un grande motore dell’economia, della cultura, della cucina e così via. L’epoca comunale ha anche fatto sì che tanti centri urbani sviluppassero caratteri loro propri, con una storia differente, magari talvolta opposta a quella degli abitati vicini. È il caso di Mantova, alla quale Guido Vigna dedica un agile volume: Storia di Mantova. Da Manto a capitale della cultura (Marsilio, pp. 288, euro 18).

SI PARTE DAL MITO, così come viene narrato nell’Eneide da Virgilio, che nei dintorni della città era nato e che fa derivare il nome da quello della profetessa Manto, figlia di Tiresia. Oppure il nome potrebbe derivare dal dio etrusco dell’oltretomba Manth (in latino Mantus): e, in effetti, la fondazione etrusca della città nel VI secolo a.C. è sostenuta dalle fonti archeologiche. La romanizzazione e la cristianizzazione sono pure capitoli rilevanti nella storia della città padana, che avrebbe ricevuto la reliquia del Santo Sangue conservata da Longino.

Conservata nelle chiese di Sant’Andrea e di San Lorenzo, la forte impronta gerosolimitana delle quali si fa risalire tradizionalmente al voto di pellegrinaggio a Gerusalemme forse formulato – ma, pare, mai sciolto – dal conte Bonifacio di Canossa, che di Mantova fu signore.

Ma certo l’immagine della città è soprattutto legata alla sua fortuna rinascimentale e alla corte dei Gonzaga. I Corradi da Gonzaga, poi identificati con il solo toponimo d’origine, appartenevano all’aristocrazia rurale inurbatasi alla fine del secolo XII, com’era tipico dell’epoca comunale italiana.

NEI PRIMI DECENNI del Trecento ne contesero il governo agli Scaligeri veronesi e dall’imperatore Ludovico il Bavaro Luigi Gonzaga nel 1329 ricevette il titolo di vicario imperiale. I Gonzaga governarono la città come Capitani del Popolo fino al 1433, quando l’imperatore Sigismondo conferì loro il titolo di marchesi. Iniziò così l’epoca del Rinascimento mantovano, inaugurato dalla presenza in città di Pisanello, seguito poi da Leon Battista Alberti e soprattutto da Andrea Mantegna. A lui vennero affidate molte committenze ducali, come la Camera degli sposi e i Trionfi di Cesare. Anche se al pieno Cinquecento appartiene l’opera architettonica più rilevante, o forse quella più celebre, di Mantova: il Palazzo Te progettato e realizzato da Giulio Romano.

Il libro di Vigna conduce il racconto sino ai nostri giorni, per segnalare la vivacità della tradizione culturale e storica mantovana; sebbene l’epilogo parli dei problemi e della decadenza attuali. Non c’è dubbio però che i secoli del suo splendore furono quelli a cavallo tra fine Medioevo e prima Età moderna. I monumenti (letterari, pittorici, architettonici) di quel tempo stridono a confronto con le miserie contemporanee. Com’è vero, d’altronde, per tante altre città d’Italia