L’ultimo colosso ad annunciare tagli è stato ieri Unicredit, premiato in Borsa: a Piazzaffari le annunciate forbici – combinate con una ricapitalizzazione per 13 miliardi – hanno fatto schizzare il titolo fino a quasi il 16%. Si tratta di 14.400 dipendenti in tutta Europa – 9.400 dei quali sono in Italia – da mettere fuori entro il 2019. Va detto per completezza che le banche in genere riescono a gestire gli esuberi in modo soft (grazie a esodi incentivati o prepensionamenti con scivoli), ma i dossier economici che il nuovo governo potrebbe trovarsi o dovrà gestire a breve sono numerosi: si va dai 2511 licenziandi Almaviva a Tim (ieri uno sciopero di 8 ore) e ben 150 tavoli di crisi aperti al ministero dello Sviluppo.

UNICREDIT: Il piano del nuovo amministratore delegato Jean Pierre Mustier si chiama «Transform 2019» e punta a far diventare Unicredit una banca sempre più «attrattiva» e insieme competitiva rispetto alle aggressive banche on line. Verranno chiusi infatti ben 883 sportelli in Italia (il 27% della rete sul territorio nazionale), che arrivano a 944 se consideriamo anche le chiusure previste in Austria e Germania. Via il 21% dei 142 mila dipendenti presenti nel nostro Paese.

Allo stesso tempo, si opererà alla ricapitalizzazione e alla cessione di crediti incagliati per 17,7 miliardi. Una operazione che dovrebbe portare, nei piani di Mustier, a 4,7 miliardi di guadagni nel 2019. Lo stesso ad ha proposto un taglio della propria retribuzione fissa del 40%, a 1,2 milioni di euro. Inoltre il manager rinuncia alla buonuscita e non percepirà bonus per il 2016 e per l’intera attuazione del piano.

I sindacati si sono ovviamente messi in allarme per i progettati tagli e chiedono che se devono esserci risparmi, bisogna iniziare dai piani alti e dalle consulenze, tutelando chi lavora come semplice impiegato.

SCIOPERO TIM: Manifestazioni in tutta Italia con Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom, e uno stop di 8 ore. I sindacati protestano contro «l’assenza di un piano aziendale» di vero sviluppo, la disdetta unilaterale degli integrativi da parte di Tim, e la mancata corresponsione degli ultimi premi di risultato.

Le problematiche del gruppo Telecom erano assurte agli onori delle cronache già qualche giorno fa, quando Sinistra Italiana aveva portato alle consultazioni al Quirinale la lettera di un cassintegrato ex Telecom (assunto negli anni della Sip) ceduto poi a una newco, la Mp Facility, assorbita a sua volta dal colosso cooperativo Manutencoop. Quindi la cassa integrazione, e il buio: Lucio Criscuolo, questo il nome del cassintegrato napoletano che ha scritto al presidente Mattarella, ha chiesto attenzione per le tante storie di lavoratori in difficoltà. Richiesta che a questo punto si estende all’esecutivo guidato da Paolo Gentiloni.

TAVOLO ALMAVIVA: Nonostante la crisi e i giorni impegnati dalla formazione del nuovo governo, il 12 si è comunque tenuto il tavolo Almaviva presso il ministero dello Sviluppo. Si tratta del futuro di 2511 famiglie – con redditi già bassi e spesso decurtati a causa della solidarietà – che devono trovare una soluzione entro il 21 dicembre: la fine della procedura di esubero è stata infatti ricalcolata, e spostata in avanti rispetto alla data del 18. Si deve tentare il tutto per tutto, perché altrimenti le lettere potrebbero partire addirittura sotto Natale. E per i dipendenti delle sedi in via di chiusura – Napoli e Roma – per i loro figli, non sarebbero certo delle feste felici.

Il nodo sta sempre nell’impossibilità di mettere d’accordo azienda e sindacati. Almaviva chiede una nuova regolazione della videosorveglianza e costi del lavoro più bassi, almeno in via temporanea, denunciando pesanti perdite che afferma di non potere ulteriormente sostenere. Una sfumatura di netto ai contratti che i sindacati però non accettano.

Secondo Slc, Fistel e Uilcom bisogna lavorare meglio sull’uso degli ammortizzatori sociali, a cui tra l’altro si è già fatto ampio ricorso negli ultimi anni. Il tavolo è aggiornato a domani, sotto la regia della viceministra allo Sviluppo Teresa Bellanova. «Se mettessimo mano al contratto vanificheremmo tutto il lavoro fatto negli ultimi 20 anni – ha spiegato ieri la Uicom – Siamo invece convinti che ci siano possibili spazi di mediazione, specialmente se si usano anche tutti gli ammortizzatori sociali».