Il voto di ieri al Senato è per certi versi storico. A venti anni dalla prima richiesta di Legambiente di inserimento dei delitti ambientali nel codice penale – eravamo nel lontano 1994, anno del primo Rapporto Ecomafia -, siamo davvero vicini al traguardo. Il voto in Aula ha cancellato le frasi peggiori inserite nel ddl in Commissione tanto care a Confindustria, a partire dalla non punibilità per i reati colposi in caso di bonifica, e ha rafforzato il testo uscito dalla Camera con la previsione di alcune aggravanti e del reato di omessa bonifica o la modifica della definizione di inquinamento e disastro ambientale.

La pressione degli inquinatori per annacquare il provvedimento è continuata – senza esito fortunatamente – fino a due sera fa, quando si sono concluse le votazioni degli ultimi emendamenti.

Ieri è stato praticamente un plebiscito con una larghissima maggioranza che ha visto votare compatti – come fatto già a Montecitorio – tutti i partiti che sostengono il governo, il Movimento cinque stelle, Sel e il gruppo misto. Ha votato contro gli ecoreati il «partito» che vuole che l’inquinamento resti un reato sostanzialmente impunito destinato alla prescrizione, formato dai senatori di Forza Italia e da quelli della Lega (i leghisti si sono astenuti ma al Senato l’astensione equivale al voto contrario).

L’accelerazione nella discussione di un provvedimento che è stato fermo in Commissione in Senato per 10 lunghi mesi è stata possibile grazie alle cronache giudiziarie degli ultimi due mesi e alle pressioni di quella parte maggioritaria del paese che non ne può più di disastri finiti nel nulla. Le recenti sentenze shock su Eternit, Bussi in Abruzzo e Marlane in Calabria, che hanno fatto finire nel nulla indagini e processi durati anni, hanno ricordato al Paese che senza delitti ambientali nel codice penale gli ecocrimini restano senza colpevoli.
La pressione sociale sui senatori negli ultimi due mesi ha fatto il resto. Legambiente e Libera hanno costruito un cartello di 25 associazioni ambientaliste, di cittadini, medici, studenti e imprenditori che hanno sottoscritto l’appello «In nome del popolo inquinato: delitti ambientali subito nel codice penale». Abbiamo fatto tutti insieme pressione sui senatori con strumenti tradizionali (i sit in) e nuovi (il mail bombing) e siamo riusciti a fermare i ripetuti tentativi di annacquare il ddl per le pressioni degli inquinatori.

Ora il Ddl sui delitti ambientali nel codice penale – che ha come primi firmatari i parlamentari Ermete Realacci (Pd), Salvatore Micillo (M5S) e Serena Pellegrino (Sel) -, appena licenziato dal Senato, deve essere immediatamente votato alla Camera.

La presidente Laura Boldrini, i presidenti delle Commissioni Giustizia e Ambiente e i capigruppo di Montecitorio devono calendarizzare immediatamente questo disegno di legge su cui si è ormai consolidata una maggioranza schiacciante che va oltre ogni schieramento, per approvarlo definitivamente senza fare alcuna modifiche. Qualsiasi ipotesi migliorativa del testo può essere eventualmente inserita in un disegno di legge parallelo, senza ostacolare e ritardare ulteriormente l’approvazione definitiva del testo licenziato ieri dal Senato.
Con una legge di questo tipo approvata negli anni ‘90 non avremmo assistito ai disastri impuniti di Marghera, Taranto, Gela, Priolo, Crotone, della Valle del Sacco e della Terra dei fuochi. Ora basta. Siamo all’ultimo chilometro di una maratona che è iniziata due decenni fa. La tutela dell’ambiente, della salute e della parte sana dell’economia non possono aspettare neanche un giorno in più.
* vice presidente di Legambiente