La platea non potrebbe essere migliore: Onu, palazzo di vetro, New York City. Una cassa di risonanza fragorosa, che Matteo Renzi sfrutta al meglio. La sessione Onu è su migranti e rifugiati, il premier italiano anticipa in conferenza stampa i temi che toccherà nel suo intervento. Non è il solo motivo di contenzioso con l’Europa, ma è sicuramente quello sul quale l’affondo è più facile.

«Juncker – attacca – dice tante belle parole ma non vediamo i fatti». E poi: «O si interviene tutti in Africa per fermare il flusso a monte o è evidente che l’Europa non può farlo. A Bratislava di Africa non c’era neanche il nome. E allora l’Italia farà da sola. Siamo in grado di farlo, ma questo è un problema per l’Europa. E’ evidente che l’Italia deve salvare tutti i migranti che può, ma è altrettanto evidente che non può essere l’Italia a raccoglierli tutti».

Parole sante, saggezza indiscutibile. Ma con qualche zona d’ombra. Al momento a «raccoglierne» se non tutti molti è stata per la verità la Germania. Lo ammette lo stesso Renzi: «L’Italia non ha avuto un afflusso straordinario di migranti come la Germania. Da noi i numeri sono più o meno quelli dell’anno scorso».

In altre parole l’intemerata è in parte un mettere le mani avanti in previsione di un cambio d’indirizzo da parte della stessa Germania, del resto annunciato ieri dalla cancelliera e di fatto inevitabile dato il salasso elettorale col quale il suo partito sta pagando la politica di apertura. Ma in parte la crociata africana di Renzi è finalizzata allo scontro anche più immediato e urgente su un altro fronte, quello dei soldi.

Le cose, da quel punto di vista, vanno non male ma peggio. L’intervista del presidente della Bundesbank Jens Weidmann rilasciata ieri a quattro giornali, uno italiano, uno tedesco, uno inglese e uno francese, rispolvera i toni dei momenti peggiori: «Il patto di stabilità non è affatto rigido», «La flessibilità è già stata stravolta e abusata». Chi si chiede cosa sia andato male nel vertice di Bratislava ancor più che al braccio di ferro sui migranti deve guardare a quelle parole. Perché non c’è dubbio che nel mirino ci sia l’Italia.

Il primo a rispondere è il sottosegretario all’Economia De Vincenti: «Non abbiamo abusato ma usato la flessibilità che è una regola dell’Europa, conquistata in anni di confronto. E’ grave che Weidmann dica queste cose».

Ma da New York, rinfrancato da un incontro con Bono Vox, deve per forza farsi sentire anche il primo ministro: «Quando il governatore della banca centrale tedesca avrà risolto il problema dei derivati nelle banche tedesche saremo contenti di fargli i complimenti. Capisco che sia un compito ingrato e difficile».

Dopo la stilettata al curaro, un tentativo di affondo: «L’Italia rispetterà le regole non perché ce lo chiede qualche banchiere centrale ma per i nostri figli. Speriamo che siano rispettate anche in Germania, dove il surplus commerciale è elemento di preoccupazione per la stabilità europea». Anche Renzi rivendica la flessibilità come diritto e non come concessione, specialmente in presenza di casi eccezionali «tra i quali possiamo certamente annoverare il terremoto». E comunque «ciò che serve per le nostre scuole sarà fuori dalle spese contabilizzate. La stabilità dei figli vale più di quella delle tecnocrazie e delle burocrazie».

I toni sono barricaderi, anche e soprattutto perché dal guaio europeo vale la pena di trarre almeno un vantaggio sul piano della propaganda in vista del referendum. Ma sono e probabilmente resteranno solo parole: il muso duro con cui si affronta una trattativa difficilissima.

Le parole di Weidmann non sono state pronunciate a caso, come dimostra la scelta di convocare un quotidiano per ciascuno dei principali Paesi europei, incluso il Regno unito post-Brexit. Renzi lo sa perfettamente, perché è quello il clima tossico che ha respirato a Bratislava nello scorso week-end. Stavolta, un po’ per i guai interni di Angela Merkel, un po’ perché il boccone amaro del taglio della tassa sulla casa non è mai stato digerito, c’è il rischio che la Germania, e dunque la Ue, decidano davvero di non fare sconti. A quel punto la propaganda non basterebbe per tirare il governo italiano fuori dalle sabbie mobili.