Su Milano «decidono i milanesi» ma «ora è probabile che nasca una candidatura a sinistra». Alfredo D’Attorre, deputato ex pd che milanese non è (è nato a Melfi), alla domanda ’se la nuova sinistra unita a Milano già si divide’ risponde con calma che «il nuovo partito affronta le amministrative in una fase in cui non è ancora costruito. Quindi può succedere che lì non ci sarà una posizione univoca. D’altra parte il calo della partecipazione dice che c’è un pezzo del popolo della sinistra che non vive più le primarie Pd come un luogo reale di scelta».

Sono quelli a cui vi rivolgerete per il nuovo partito?

La tre giorni dal 19 al 21 febbraio sarà l’avvio della fase costituente. Costruiremo un partito, anche se in forma moderna e aperta. Tutti quelli che aderiranno potranno concorrere a pari titolo. Il congresso fondativo sarà a dicembre, perché il referendum costituzionale sarà il momento in cui altre forze potranno decidere di schierarsi con noi in questa battaglia. Nel congresso si deciderà tutto: la linea, il segretario, il nome definitivo. In questi mesi adopereremo ’Sinistra italiana’, ma sono d’accordo con i compagni di Act che sollecitano la riflessione sul fatto che ’sinistra’ forse non è parola adatta a indicare tutto l’arco di forze a cui ci dobbiamo rivolgere.

Avrete un leader provvisorio?

Avremo un comitato promotore che garantirà lo svolgimento delle campagne che decideremo nell’assemblea. Su quattro grandi temi: la Costituzione, il sapere, il lavoro e la lotta alle diseguaglianze, l’ambiente e la politica industriale. Il comitato definirà le regole del congresso e la carta d’intenti in cui riconoscersi al netto delle differenze fra diverse piattaforme.

Al congresso ci saranno mozioni contrapposte?

Lo do per scontato. Si confronteranno idee e ipotesi di leadership. Applicheremo un modello di democrazia integrale. E si rimescolerà tutto.

Sarà il momento dell’amalgama?

Sì, e quello in cui dovremmo sciogliere nodi di fondo. Sul tema dell’Europa e della sovranità democratica tra noi ci sono posizioni diverse. Dovremo decidere come collocare il nuovo partito: c’è bisogno una sinistra che recuperi la capacità di parlare al mondo lavoro e ai ceti popolari. Fin qui è stata molto più ceto medio riflessivo, colto e cosmopolita, ma distante dalla parte più debole della società.

Lei non è a Berlino al lancio del nuovo partito di Varoufakis. Alcuni suoi compagni ci sono andati.

Faccio fatica a seguire le evoluzioni settimanali di Varoufakis. Ma penso che la sinistra contrasta la deriva nazionalista e xenofoba se riprende in mano il tema della sovranità democratica e di un sano patriottismo costituzionale. Per me la Costituzione è sovraordinata a trattati europei imbevuti del modello mercatista. Ci sono proposte di ulteriore integrazione, come l’ipotesi di un commissario per le finanze dell’eurozona, che rischiano di smantellare altri pezzi di sovranità democratica.

Ormai anche Renzi attacca l’Europa.

Renzi nei fatti prende atto del fallimento della sua politica europea. Ha rinunciato a porre il tema dell’insostenibilità dell’attuale assetto dell’euro quando aveva la forza di farlo, e ora affronta il negoziato su questioni decisive per l’interesse nazionale, dalle banche all’immigrazione, in condizioni di debolezza. È irresponsabile non aprire un tavolo per sospendere il bail in e invece puntare allo zero virgola di flessibilità per coprire misure elettoralistiche, come l’abolizione dell’Imu per i ricchi o il bonus per i diciottenni.

Torniamo a ’Sinistra italiana’. Uscendo dal Pd lei auspicava la rinascita dell’Ulivo. Ha perso su tutta la linea?

No. Sono convinto che non sarà così. Lo snodo decisivo è il referendum, che serve per sconfiggere la pessima riforma renziana e mandare in soffitta l’Italicum. Batteremo il partito della nazione e si riaprirà la prospettiva di un governo progressista. Dico di più: per il dopo referendum dobbiamo proporre la reintroduzione del Mattarellum. E in capo a qualche mese restituire la parola ai cittadini. Il Mattarellum ci può riportare alla collaborazione fra centro e sinistra, ma stavolta con una sinistra forte e autonoma.

Fra voi non tutti la pensano così. Nelle città le alleanze sono state chiuse quasi ovunque. E il vostro nuovo partito archivia l’idea di centrosinistra.

In queste amministrative, con un Pd completamente riposizionato, la rottura era un passaggio inevitabile. Ma noi puntiamo a sconfiggere il partito della nazione e a disegnare un nuovo quadro politico. Il nuovo partito non definisce la sua identità in base alla distanza dal Pd. Dobbiamo sconfiggere il renzismo ed essere protagonisti di una nuova alleanza progressista. Fra la nostra gente non vedo rischio di rinculo su posizioni settarie e minoritarie.

I suoi ex compagni della minoranza Pd voteranno sì?

Sull’evoluzione del Pd Bersani ha usato di recente parole mai dette prima. L’amara verità è che oggi in questo Pd snaturato fuori posto non sono gli amici di Cuffaro, Verdini o Cosentino, ma chi come Bersani ha speso una vita a costruire una forza di centrosinistra. Prima o poi i compagni della sinistra pd ne dovranno prendere atto. Il referendum sarà dirimente. In questi mesi ho incontrato tanti compagni del Pd che magari criticano me o Fassina perché siamo usciti dal Pd troppo presto, ma poi dicono che al referendum voteranno no.