Dopo due giorni di polemiche, anche la corrente di sinistra della magistratura prende le distanze dalle uscite di Piercamillo Davigo. Con una nota attentamente bilanciata Area, il cartello che vede insieme Magistratura democratica e i Movimenti per la giustizia, critica «toni e contenuti» del neo presidente dell’Anm. Anna Canepa, magistrata della procura nazionale antimfia, è la segretaria di Md ed è stata vicepresidente nella precedente giunta dell’Anm.

Cosa c’è di sbagliato nelle parole di Davigo?

Non ne facciamo una questione di bon ton, le nostre critiche riguardano il merito delle cose che ha detto, che non rappresentano certo un sentire condiviso di tutta la magistratura italiana. Soprattutto la sua visione pan penalistica, in base alla quale è sempre e solo il diritto penale che risolve tutti i problemi e moralizza il paese. Noi pensiamo che la corruzione non possa essere affrontata esclusivamente in termini repressivi. Noi di Area, ma direi tutta l’Anm, abbiamo sempre sottolineato l’esigenza di riqualificare la pubblica amministrazione, le forme della politica e le pratiche della società civile e del mondo economico.

Davigo dice anche che ci sono troppo pochi detenuti, in Italia.

La sua visione del carcere è lontanissima dalla nostra. Tra l’altro ai recenti stati generali dell’esecuzione penale è emerso un approccio assai diverso, che indica nella detenzione in carcere l’extrema ratio. Un metodo che ci trova concordi.

Dunque Area è più vicina alle proposte del governo che alle tesi del presidente dell’Anm?

Schematizzando e parlando di carcere, tema che il governo sta affrontando bene, si può dire che sia così. Anche perché sono state recepite molte nostre proposte.

Le cito un altro pensiero di Davigo: hanno vinto i corrotti e adesso è anche peggio di Tangentopoli.

Non credo sia così. Processi ne sono stati fatti e se ne fanno ancora, magari lontano dai riflettori. Del resto è questo il compito della magistratura, indagare e giudicare su singoli fatti. L’idea che la magistratura sia la moralizzatrice della società che sguaina la sua spada è troppo semplice e sbagliata.

Davigo non lo scoprite certo oggi, eppure due settimane fa lo avete, anche voi di Area, votato come presidente.

È giusto che Davigo si confronti con chi l’ha eletto. Con un sovrappiù di attenzione: una giunta unitaria richiede posizioni unitarie. È vero, tutti sapevamo com’è fatto, ma con i voti che ha preso (oltre mille, il più votato tra le toghe, ndr) era giusto che fosse lui il presidente. A patto però che si ricordi di misurarsi con l’organo collegiale che rappresenta.

Lo sta sfiduciando?

Nessuna sfiducia, soltanto un richiamo ai doveri collegati al ruolo che ha assunto. Ha fatto una campagna elettorale di rottura, del resto gli veniva facile dall’opposizione. Ora non può più parlare per suo conto.

Gli riconoscerà che rispondeva a un affondo del presidente del Consiglio, che ha parlato di «barbarie giustizialista» lunga 25 anni.

Le frasi di Renzi mi hanno riportato alla mente un brutto passato, fin troppo recente. Eppure noi siamo passati attraverso quegli anni non facendo mancare le nostre risposte agli attacchi, ma restando sempre nel nostro ruolo e con posizioni istituzionali.

La precedente giunta in realtà è stata criticata per la debolezza nei confronti del governo, e soprattutto Area è stata penalizzata alle elezioni.

Al precedente presidente si imputava una scarsa efficacia comunicativa. Ma se essere più efficaci significa uscirsene con dichiarazioni come quelle degli ultimi giorni, allora direi che c’è il problema di riuscire a dominarsi.

Renzi non meritava una risposta?

Sì, ma non la risposta che ha avuto da Davigo. E guardi che la magistratura associata ha saputo replicare ad attacchi ben più gravi.

Con Davigo polemizza anche il sottosegretario alla giustizia Ferri, cioè il leader della corrente della magistratura dalla quale Davigo è uscito con una scissione.

Appunto, tra i due ci sono evidenti questioni personali, Ferri è l’ultimo titolato a parlare.

Area chiederà al presidente dell’Anm di cambiare metodo?

Immagino che già mercoledì, alla prima riunione della giunta che si è appena formata, gli sarà chiesto di confrontarsi.

Questa posizione non rischia di spingervi di nuovo nel ruolo di sentinelle del governo?

Noi non dobbiamo avere paura di dialogare e di confrontarci con il governo. Senza rinunciare però a segnalare criticità e a chiedere strumenti e risorse per garantire una giustizia migliore ai cittadini. Ad esempio attendiamo da tempo una riforma della prescrizione. Ma se facciamo un bilancio del periodo in cui i toni si sono abbassati, abbiamo ottenuto qualcosa.

La legge sulla responsabilità civile dei magistrati, però, è una vostra sconfitta.

È vero, si tratta di una legge che abbiamo combattuto e che continuiamo a ritenere sbagliata. Ma è giusto anche dire che all’atto pratico non si sta rivelando così disastrosa.

Serve una nuova legge sulle intercettazioni?

La legge c’è. Presenta dei limiti e ci sono dei buchi che sarebbe opportuno chiudere. Non è però un argomento urgente. Alcune procure importanti, come Torino e Roma, stanno dimostrando che i magistrati possono autoregolamentarsi e sanno farlo. Questa prese di responsabilità non guastano. Perché è giusto riconoscere che anche i magistrati, talvolta, sbagliano. Esiste una questione morale anche in magistratura. L’idea del pubblico ministero sul cavallo bianco è un’altra delle cose che ci divide da Davigo.