Assoluzione con la formula piena. Vincenzo De Luca non ha compiuto abuso d’ufficio quando, nel 2008, da sindaco di Salermo e commissario straordinario per l’emergenza rifiuti, nominò un project manager per la realizzazione di un inceneritore (mai più costruito). «Il fatto non sussiste» ha stabilito ieri la Corte di appello di Salerno, rovesciando la sentenza di primo grado. Allora De Luca era stato condannato a un anno, la pena era stata sospesa ma era scattata la legge Severino, in base alle quale De Luca non avrebbe potuto essere eletto o se eletto avrebbe dovuto lasciare la carica di presidente della regione Campania. De Luca, invece, approfittando dei tempi tecnici tra il suo insediamento e la procedura di decadenza dalla carica, riuscì a nominare la giunta e dalla scorsa primavera stava guidando la Regione grazie a una sospensione della legge Severino decisa dal tribunale di Napoli. L’assoluzione lo mette al riparo da un rischio di futura decadenza.
A questo punto la decisione della Corte costituzionale (che tra qualche mese dovrà giudicare la legittimità della legge Severino) non avrà effetti concreti – almeno per questa vicenda processuale – su De Luca. Il quale ieri ha festeggiato la notizia con un «finalmente» esclamato al telefono con il suo avvocato. E poi con uno sfogo su facebook: «Anni di pesante aggressione mediatica per nulla, anni di un calvario che avrebbe fatto scoppiare il cuore a chiunque. Ho retto per le profonde motivazioni ideali e morali e per l’assoluta serenità della mia coscienza».

Diversi esponenti del Pd e tutti i candidati del partito alle primarie per il comune di Napoli hanno espresso soddisfazione per l’assoluzione, mentre il senatore renziano Marcucci ha detto che «il Pd sul caso De Luca ha difeso lo stato di diritto ed evitato un’ingiustizia». Riferimento alle polemiche interne al partito che accompagnarono la decisione della presidente della commissione antimafia Rosy Bindi (anche lei Pd) di includere De Luca in una lista nera di candidati «impresentabili» pubblicata alla vigilia delle scorse elezioni regionali. De Luca, ugualmente vittorioso, reagì duramente, anche insultando la presidente Bindi e con lui si schierò il presidente del Consiglio. La vicenda per la quale il presidente della regione Campania è stato assolto ieri, però, non ha nulla a che vedere con la lista dell’antimafia. Nella quale De Luca era entrato per un’accusa di concussione relativa a un’inchiesta del 1998 sul parco marino che doveva essere realizzato a Salerno (anche questo rimasto sulla carta).
Dopo l’assoluzione di ieri in secondo grado, la procura di Salerno potrebbe decidere di ricorrere alla Cassazione. Ma la sorte di De Luca relativamente all’accusa di abuso d’ufficio non cambierebbe, perché il reato è destinato a prescriversi tra pochi mesi, ad agosto. «Il collegio difensivo è soddisfatto – ha detto ieri dopo la lettura della sentenza l’avvocato di De Luca, Paolo Carbone – ho sentito il presidente che ha espresso soddisfazione anche per il lavoro svolto dalla Corte e dalla procura generale».

Il presidente della Corte che ieri ha assolto De Luca è il magistrato Michelangelo Russo, che è stato in passato consulente dei ministri dell’ambiente Pecoraro Scanio e Prestigiacomo. A dicembre scorso due deputati di Sel (oggi Sinistra italiana), il capogruppo Scotto e Claudio Fava, sollevarono in parlamento con un’interrogazione al ministro della giustizia Orlando un problema sul ruolo di Russo. Che risultava essere stato trasferito da Salerno – dal Csm – al termine di un procedimento disciplinare che aveva avuto origine da una denuncia dell’allora procuratore capo di Salermo Apicella. Secondo quell’accusa, ripresa nell’interrogazione, Russo avrebbe «cercato di accedere al computer del tribunale di Salerno al fine di verificare se fossero in corso procedimenti penali a carico di Vincenzo De Luca». red. pol.