«Si dirà forse che le mie idee sono un po’ troppo forti. Ma che importa? – scriveva de Sade – Non abbiamo conquistato il diritto di dire tutto?».

A questa citazione del Divin Marchese, come lo chiamò più tardi André Breton, sembra essersi ispirata anche la direzione del Musée d’Orsay nel concepire la mostra Sade. Attaccare il sole che, in occasione dei duecento anni dalla morte di Donatien Alphonse François de Sade, ne celebra e analizza l’impatto sulle arti figurative fino al 25 gennaio 2015. Il Musée d’Orsay, sotto la guida del suo presidente Guy Cogeval, non è nuovo a queste provocazioni: di recente, ha esposto una ghigliottina francese originale nell’ambito di una esposizione sul crimine e sulle pene.

A suggellare la carica dirompente dell’iniziativa sul Marchese, è stata la diffusione del video promo di 53 secondi, commissionato dal Musée a David Freymond e Florent Michel. I due artisti hanno scelto di rappresentare un’orgia di corpi nudi e tesi che, nel finale del filmato, si compongono a formare le lettere del nome «Sade». Al di là della nudità e dei gesti che richiamano l’atto sessuale, non c’è in realtà nulla di volgare e il tutto è realizzato all’insegna di un’estetica dei corpi che non è nuova alla storia dell’arte e che, in fondo, si appella medesimo gusto anatomico che guidò Michelangelo negli affreschi della Cappella Sistina.

Detto ciò, il video ha destato grande scandalo in tutta la Francia, seguita ad eco dalla stampa internazionale e dal web, dove ha avuto ampia e velocissima diffusione. D’altronde, il sito stesso del Musée d’Orsay dichiara che «il carattere violento di alcune opere e documenti della mostra può urtare la sensibilità dei visitatori».

Che altro aspettarsi da un evento dedicato al personaggio, dal cui nome lo psichiatra Krafft-Ebing coniò il termine «sadismo»? Secondo Annie Le Brun, esperta del tema (che, per l’occasione, è commissario ospite del museo), la rassegna vuole sondare l’impatto rivoluzionario che i testi dello scrittore ebbero nell’arte figurativa successiva. Attraverso i capolavori di autori tra cui Goya, Géricault, Ingres, Rodin e Picasso sono affrontati alcuni temi cari al Marchese, tra cui la singolarità e la ferocia del desiderio come principio d’eccesso, il bizzarro e il mostruoso. Si va perciò da un’opera di Goya in cui sono raffigurati cannibali in atto di macellare le loro vittime, al ratto delle Sabine di Pablo Picasso, passando per il ritratto in cui Cézanne raffigura un’inquietante donna strangolata.

Thirion,
Thirion, “Jeune homme nu debout”t

L’opera di de Sade, nato a Parigi nel 1740 da una nobile e prestigiosa famiglia francese, esula l’ambito circoscritto dell’erotismo in quanto tale. La sessualità è il luogo della socialità per eccellenza: il momento in cui si realizza il rapporto con l’altro, che è l’essenza stessa del nostro vivere sociale. L’erotismo non è solo momento procreativo e di ricerca del piacere, ma è essenzialmente obbligo dell’alterità e, in questo, un fatto sociale, probabilmente quello fondante, dello stare insieme. De Sade, attraverso una riflessione su temi come omosessualità, perversità e pedofilia, che ancor oggi sono al centro di acceso dibattito, definisce una nuova etica e ribalta – con il paradosso – il concetto morale comune. Copiosa è la sua produzione: de Sade fu ossessivamente prolifico, spaziando tra racconti, romanzi, saggi filosofici e scritti teatrali. Tra i suoi capolavori trova sicuramente posto, per quanto incompiuto, il romanzo Le 120 giornate di Sodoma, che la mostra parigina cita nel titolo e a cui si dedicò nel corso della reclusione presso le prigioni della Bastiglia nel 1785. Denunciato dai membri della sua stessa famiglia, de Sade vi fu incarcerato con le accuse di sodomia e di omicidio per avvelenamento di alcune prostitute. Si dichiarerà più volte innocente, definendosi sì un libertino, ma non di certo un criminale. Di fatto la sua condotta provocatoria gli causò continue accuse, prigionie e internamenti in manicomio. Il Marchese morì per congestione polmonare il 2 dicembre 1814.

Nelle sue disposizioni testamentarie poi non rispettate, dichiarò di voler essere esposto per 48 ore nella sua stanza senza essere toccato, per poi essere sepolto nudo in una cassa e senza alcun segno di riconoscimento nella foresta di sua proprietà. Anche nella morte, il Divin Marchese si dimostrò coerente al sistema di pensiero che informò la sua esistenza: egli avrebbe desiderato per sé una damnatio memoriae che ponesse fine a una persecuzione assurda e ingiusta che proseguì invece fino ai giorni nostri.

In de Sade è totale la confusione tra la scrittura e la persona. In un misto di attrazione e repulsione, sono numerosi gli studiosi e gli scrittori che si confrontano con la produzione del Marquise. Ben esemplifica l’atteggiamento ambivalente della critica, il titolo del saggio, Dobbiamo bruciare Sade, che gli dedicò Simone de Beauvoir nel 1951. Al di là di ogni giudizio morale, de Sade rappresenta una radicale filosofo della libertà. La sua è una concezione freudiana ante litteram laddove pone la sessualità a motore primo dell’azione umana. L’erotismo è solo il punto di partenza per una riflessione generale sulla vita e la morale di quello che Apollinaire definì «lo spirito più libero mai esistito».

La mostra del Museo d’Orsay non fa altro che testimoniare l’influenza che questo personaggio ebbe sull’arte. Sade ha continuato a ispirare e a essere citato anche in tempi più recenti, e questa volta apertamente. La portata del suo ascendente è arrivata fino al cinema di Pasolini, Luis Buñuel e John Waters. Talora se ne banalizza il senso, leggendo la sua opera come pura idolatria di perversione e violenza: per novembre è prevista l’uscita di un videogioco, che, rilasciato in Francia da Ubisoft, sarà un sequel della serie Assassin’s Creed, ambientato però durante la Rivoluzione francese.

Il Marchese de Sade, in verità, è stato molto di più e l’interesse e lo scandalo che riesce a destare ancora oggi rappresentano il segno più evidente della portata rivoluzionaria del suo pensiero.

Guarda il promo dello scandalo
Alcune opere della mostra

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