Un colpo di spugna. Anzi, un «reset» alla democrazia spagnola. Questo è l’obiettivo dichiarato della Red ciudadana partido X, che dopo un quasi anno di un’enigamtica campagna via internet è uscita dall’anonimato per debuttare ufficialmente sul panorama politico spagnolo. Lo ha fatto martedì scorso attraverso una serie di conferenze stampa congiunte ritrasmesse in streaming, come si addice a quello che aspira ad essere il «partito del futuro». In effetti, almeno nelle intenzioni, tutto mira ad un ribaltamento dello status quo politica iberica: «Siamo cittadini normali che vogliono cambiare la storia, la variabile che stravolge tutto». A cominciare dalle forme: il nome del partito, ad esempio, è già una dichiarazione di intenti che evidenzia il passaggio da un modello partitico centralizzato ad uno liquido, inclusivo, sulla falsariga dei movimenti sociali. Anche i personalismi sono banditi: nessun leader, gerarchizzazione ridotta al minimo e «la logica come ideologia».

Non mancano però alcuni consulenti di grande spessore, come Hervé Falciani l’ex tecnico informatico della banca svizzera Hsbc, che con la sua lista nera sta facendo tremare almeno 130.000 evasori in tutto il mondo; o Tarso Genro ex ministro di Lula e attuale governatore dello stato di Rio Grande do Sul. Ma la spina dorsale del partito è formata per lo più da cittadini-attivisti, «gente normale e anonima» delusa dal sistema attuale e in gran parte proveniente dalla galassia movimentista post 15M, da cui il Partitdo X eredita la scommessa su un modello di democrazia partecipativa, declinato in duplice versione: liste aperte e pressione cittadina sull’operato del governo.

[do action=”citazione”]«Siamo cittadini normali che vogliono cambiare la storia, la variabile che stravolge tutto». Dietro di loro il cacciatore di evasori Falciani e l’ex ministro di Lula Tarso Genro[/do]

Qualche analogia con il M5s salta all’occhio, soprattutto nell’approccio ostentatamente iconoclasta e nel riferimento costante a internet come nuovo strumento della politica. Ma la funzione di collettore del movimentismo (attivissimo in Spagna, ma finora piuttosto disperso nel voto) potrebbe dare al nuovo partito spagnolo un corso differente. Per ora tale funzione è assolta in parte dalla sinistra radicale, che guarda alla nuova creatura politica con un misto di scetticismo e preoccupazione: il tempo e i prossimi appuntamenti elettorali diranno se si tratta di un falso allarme o di un’autentica spina nel fianco della izquierda iberica.

Il Partido X, dal canto suo, è ottimista e azzarda persino delle previsioni di voto: 1,5 milioni di preferenze alle prossime europee che dovrebbero arrivare a 3,5 alle politiche. Se così fosse, il bipartitismo spagnolo, già in caduta libera, ne uscirebbe agonizzante. Dal 2008 Psoe e Pp, i due partiti maggioritari, hanno perso 11 milioni di voti e «e saranno obbligati a coalizzarsi se vorranno governare. Ma la cittadinanza – ha proseguito uno dei portavoce della nuova formazione – vuole la rottura del bipartitismo: lo scenario che si prospetta è simile a quello in cui Syriza rifiutò il patto con il Pasok».

[do action=”citazione”]Il Partido X conta di raccogliere 1,5 milioni di preferenze alle prossime europee e 3,5 alle politiche. Il bipartitismo spagnolo ne uscirebbe agonizzante.[/do]

Molto, ad ogni modo, dipenderà da come il partito del futuro affronterà i problemi del presente, ovvero la crisi economica e la disoccupazione. Il Partido X ha indicato una via che passa per la legalità, la trasparenza, l’aiuto alle piccole e medie imprese e l’intransigenza in materia di frode fiscale. Il piano anti-crisi parla di una «Norimberga finanziaria» per fare piazza pulita di corrotti e speculatori; di paletti legali per l’esportazione di capitale, dell’istituzione «di una commissione nazionale anticorruzione controllata dalla cittadinanza», ma anche di  un abbassamento della pressione fiscale su lavoratori autonomi e piccole imprese (che in Spagna contribuiscono per il 75,6% alla quota di impiego). Contro la disoccupazione l’imperativo è svincolarsi dal «vassallaggio» nei confronti dell’Unione europea, aumentare gli stipendi e puntare su un nuovo modello produttivo ed economico, orientato al bene comune, che prevede, tra l’altro, la liberalizzazione della cultura e la creazione di una banca etica. Non certo un cammino facile, ma il punto di partenza è ben chiaro: «Incominciamo dalla cosa più facile e logica: cacciamo via questa classe politica, anche solo per una questione di giustizia e dignità. In questa battaglia non abbiamo niente da perdere».