Il Parlamento ha dato il suo ok al decreto salvabanche. “La via obbligata che non si aveva nessuna intenzione di percorrere”, ricordava nei giorni scorsi sulle colonne del manifesto Vincenzo Comito. Dalla Camera è arrivato il via libera ai 20 miliardi di debito pubblico in più rispetto agli obiettivi di bilancio, con 389 voti favorevoli, 134 contrari e 9 astenuti, mentre al Senato la risoluzione di maggioranza è stata approvata con 221 sì, 60 no e 3 astensioni. Sia Forza Italia che i verdiniani di Ala-Scelta Civica hanno votato a favore insieme a Pd e Ncd-Ap.
Fra i contrari anche Sinistra italiana: “E’ evidente che quello che si sta configurando è un salvataggio non del risparmio o dei risparmiatori ma del sistema bancario – ha osservato la senatrice capogruppo Loredana De Petris – avevamo chiesto di poter varare una commissione di inchiesta per comprendere le responsabilità, ma questo non è avvenuto. E nella relazione del governo non c’è traccia di quali siano le necessarie misure per salvaguardare i risparmiatori”.
Proprio a nome dei risparmiatori intervengono Adusbef e Federconsumatori, che avvertono: “L’unica richiesta su cui siamo irremovibili è quella di nazionalizzare gli istituti che ricorreranno al sussidio”. Rosario Trefiletti ed Elio Lannutti fanno due più due: “Se lo Stato mette a disposizione delle risorse pubbliche, è giusto che l’istituto faccia capo allo Stato”. Difficile che ci sia questa volontà politica da parte del governo. E ancor più difficile da esaudire, viste le regole europee, la seconda richiesta: “E’ necessario garantire l’impegno preso a tutela dei risparmiatori, che non dovranno rimetterci nemmeno un euro”.
Nel mentre il titolo Mps crolla in borsa (-12%), pur avendo raccolto un altro miliardo dalla seconda fase della conversione in azioni delle sub-obbligazioni in mano alla clientela di sportello. Complessivamente Rocca Salimbeni ha raccolto 2 miliardi sui 5 della ricapitalizzazione, ed è tuttora in corso la ricerca di investitori istituzionali che entrino nella compagine azionaria come soci forti. Ma da questa partita si è sfilato – ammesso che abbia mai avuto voglia di entrare – il fondo sovrano Qia del Qatar, che secondo la narrazione renziana pre-referendum (e di Jp Morgan) avrebbe investito nell’operazione un miliardo di euro.
Anche di qui il forte ribasso azionario, alimentato poi da una speculazione che continua a picchiare duro: basti pensare che la capitalizzazione di borsa del Monte dai Paschi è scesa a circa 478 milioni di euro, dodici volte meno del patrimonio della banca. Comunque il fondo Atlante ha confermato il suo intervento sulle sofferenze Mps (circa 27 miliardi) anche in caso di partecipazione dello Stato all’aumento di capitale. Atlante ha anche annunciato che interverrà nuovamente a sostegno della Banca Popolare di Vicenza e di Veneto Banca, di cui ha finito per essere azionista unico, mettendo a disposizione 938 milioni (628 per Veneto Banca e 310 per la Bpvi), “in conto futuro aumento di capitale”.
A questo punto c’è solo da aspettare il decreto legge omnibus sul settore bancario, ora finanziariamente “coperto” dai 20 miliardi della collettività. Le voci di palazzo lo danno per probabile già oggi. La morale finale arriva ancora da Comito: “Mentre si tende a attribuire le cause delle difficoltà dei nostri istituti esclusivamente alla crisi economica, in realtà esse sono da attribuire, almeno per una larga parte, anche ad alcune altre non brillanti caratteristiche del nostro sistema economico e politico: la corruzione diffusa, la cattiva gestione (le due cose spesso si uniscono), i rapporti incestuosi con il potere politico, la scarsa vigilanza”.