Fratture (Italic/PeQuod, pp. 184, euro 16), ultimo romanzo di Massimiliano Nuzzolo, è un frammentario conoscersi di due popolate solitudini, che vogliono reinventarsi lo spazio-tempo nel quale abitare. Uscito tempo fa, ha cominciato a circolare con ritardo perché le vie di un «mercato» editoriale saturo sono ostruite dai monopolisti della produzione e distribuzione editoriale. Qui siamo nel cangiante terreno dell’editoria indipendente, quella più autorevole e non riconciliata con l’ordine delle cose, visto che Italic/PeQuod riprende il percorso interrotto dalla precedente, talentuosa, casa editrice Pequod. E quindi arriva ad emergere per strade tortuose e spesso occasionali, quando ci riesce.
In questo vero e proprio «breve romanzo di trasformazione» ci sono un lui e una lei: una coppia che le statistiche incasellano nella Neet generation, che non studia e non lavora. Sono alla ricerca della vita, ancor prima che dell’amore. Thomas lo smemorato esercita una sapiente arte della dimenticanza dopo un incidente automobilistico. Elisa la svitata, in fuga da uno scampato, surreale suicidio. Vorrebbe «fotografare l’anima», cercandola dentro la morte, sapendo però che «la voce è l’immagine dell’anima».
Quasi tutto parte da una telefonata di Thomas, dopo aver trovato una scritta nel bagno di un locale, con sotto un numero: «cerco disperatamente una persona che abbia ancora l’anima e che possa prestarmela. Ne avrò molta cura. Promesso, è una cosa seria». Da qui iniziano le reciproche narrazioni telefoniche tra i due protagonisti. Una sorta di monologo alternato, quasi si volesse decostruire l’inarrivabile Jean Cocteau. E intorno «ritratti di mondi che affondano», soprattutto le proprie famiglie: «sono tutti morti».
È una sorta di lento, evolutivo, intermittente apprendistato a una nuova vita che Thomas ed Elisa si scambiano nelle loro telefonate di sopravvissuti. Superando fratture, producendo rotture, persi in schegge di memoria e citazioni che Massimiliano Nuzzolo distribuisce in ogni pagina. I Joy Division di A Means to An End, la maglietta dei Bauhaus, Rockerilla, quindi The Smiths di If it’s not Love Then it’s the bomb That will bring us together e poi gli immancabili The Cure. Del resto il primo lavoro di Massimiliano Nuzzolo fu L’ultimo disco dei Cure (Sironi editore). E da tempo lo stesso Nuzzolo porta avanti un appassionato progetto collettivo di contaminazione tra eterogenee forme artistiche e di produzione culturale.
Nel libro ci sono altre suggestioni, più o meno esplicite: Albert Camus e Joris-Karl Huysmans, Pier Vittorio Tondelli ed Enrico Palandri, lo sfondo di un certo esistenzialismo critico, una percepibile vena di irriducibile rabbia contro la miseria del tempo presente, l’introspezione come attitudine, la disponibilità a fare Tabula rasa. E una scrittura che procede per disvelamenti progressivi: incastri di un puzzle scomposto. Così si arriva alla notte dell’assalto al cielo finale, per sconvolgere ordini e comandi, di una storia universale che si vorrebbe riscrivere quotidianamente.