Mario Alighiero Manacorda ha dedicato l’intera vita alla pedagogia, da quando era preside del Convitto scuola per partigiani e reduci presso l’Anpi di Roma fino agli anni di insegnamento all’università La Sapienza, senza dimenticare che ha presieduto la sezione scuola dell’Istituto Gramsci ed è stato responsabile della commissione scuola della Direzione del Pci, in anni in cui la sinistra difendeva la scuola considerandolo un bene comune primario. Potremmo perderci tra gli innumerevoli libri dedicati al pensiero pedagogico, a cominciare da Antonio Gramsci fino a Marx, invece ci soffermiamo su un libro che Mario Alighiero Manacorda ha tenuto a lungo nel cassetto e la cui stesura ha comportato anni di studio. Dopo la morte di Manacorda avvenuta il 17 febbraio del 2013 all’età di 99 anni, subito dopo aver dato alle stampe Quel vecchio liberale del comunista Karl Marx, (Aliberti), alcuni suoi allievi come Rossella Frasca, Flavio Silvestrini, Paolo Ogliotti, Aldo Russo, tra loro oltre trent’anni fa alcuni tra i fondatori della bella rivista di critica e storia dello sport Lancillotto e Nausica, hanno pubblicato postumo un libro di grande interesse, riordinando le carte di Manacorda, grazie al sostegno del Coni e dell’Accademia olimpica nazionale italiana. Sarebbe riduttivo definire il testo un libro di sport, perché Mario Alighiero Manacorda ha esplorato storia e letteratura per scrivere una summa partendo dall’inscindibilità della vita fisica e della vita culturale ”tanto saldamente intrecciati nella pratica di vita nonché nella letteratura, quanto separatamente studiati dalla storiografia. E non è questione da poco: essa infatti richiama in causa il rapporto tra corpo e mente nell’uomo, sia nella vita impegnata sia nella vita ludica”avverte l’autore. Correndo lungo il crinale storiografico e letterario, Mario Alighiero Manacorda nel libro Diana e le Muse. Tremila anni di storia e letteratura ( Lancillotto e Nausica editrice, euro 38 ) dimostra come la centralità del corpo, e oggi dello sport, e le concezioni pedagogiche che hanno ruotato intorno a esso, nelle diverse epoche storiche, siano l’espressione più chiara del potere. L’opera, realizzata in quattro volumi, corrisponde per sommi capi ad altrettante epoche storiche, il mondo classico, medievale, moderno e quello contemporaneo, ed è caratterizzata dalla ricerca di testi che testimoniano l’inscindibilità della vita fisica e intellettuale: “In Omero la corte dei Feaci accoglieva Ulisse associando giochi sportivi e canti degli aedi; millenni più tardi nella corte medicea di Firenze si ripeterà la stessa associazione di fisico e culturale: al pomeriggio si combatteranno giostre, alla sera si reciterà quel melodramma da cui nascerà l’opera lirica. Insomma, ingegno e movimento insieme a quasi tre millenni di distanza”. L’attenzione o la distrazione del Politico verso il corpo e le attività ludico-sportive è uno dei punti privilegiati della riflessione di Mario Alighiero Manacorda, per capire le trasformazioni del rapporto tra pubblico e privato, tra la legge, intesa come forza, e la libertà, tra lo Stato e la società. La prevalenza fino alla sopraffazione della macchina pubblica sugli istituti “liberi” si è concretizzata sotto forma di controllo dell’attività corporea, facendo sì che l’attività agonistica fosse raccontata nelle sue varie declinazioni secondo il binomio sport-guerra, con i tratti della mimesi (sport come imitazione del conflitto), dell’alternanza (sport come attività del guerriero in tempo di pace), della contiguità (sport come educazione del corpo del guerriero), della metonimia (sport e guerra come controllo totalitario sull’individuo), dell’antitesi (sport come attività privata nel tempo del loisir), come ci ricordano i curatori dell’opera di Manacorda. Lo sport come pura espressione del potere e lo sport come puro esercizio di libertà, sono i due estremi all’interno dei quali si inseriscono compromessi e soluzioni intermedie, che rendono irresolubili i due ambiti in continua tensione tra loro. E’ su questa linea concettuale che si fondano le riflessioni di Manacorda: “ Ma allora che vuol dire fare storia dello sport come cultura? E come la conoscenza dello sport può servire alla più generale comprensione della storia umana? Per me si tratta di affermare non tanto che la cultura è gioco, come diceva Huizinga, quanto che il gioco, anche quello di movimento, è cultura, e segnalare la permanente presenza dello sport non solo nella vita vissuta ma anche nelle coscienze… Ogni età si caratterizza infatti tanto nello sport quanto nella cultura, e la lettura dell’uno può e deve servire alla lettura dell’altra”.
Il primo volume Diana e le Muse è dedicato all’antica Grecia e a Roma, primo passo del lungo percorso tracciato da Mario Alighiero Manacorda lungo tremila anni di storia. Il libro è caratterizzato dalla sezione La storia, cui segue quella delle Testimonianze, dove le citazioni della prima parte trovano una più completa esposizione di passi di opere letterarie, accompagnate da una sezione dedicata all’iconografia per le opere artistiche inerenti alle attività motorie. Questo primo volume, partendo dal rapporto stretto tra psiche e corpo, passando per il binomio platonico di ginnastica e musica, polemizza con quelle storiografie che hanno legittimato la divisione mente-corpo, relegando l’homo ludens a un ambito specialistico e la storia dello sport a un’appendice minore della storia umana.