Un silenzio rumoroso è quello che si avverte dalla Germania in questi giorni a proposito di tutto ciò che sta succedendo sulla crisi dei migranti e che sta facendo scricchiolare fortemente l’intero impianto dell’Unione. Tanto che – è stato detto ieri a Bruxelles dal commissario Dmitris Avramopoulos al termine del nuovo vertice sul tema – «tra dieci giorni potrebbe saltare tutto, l’intero sistema». Il banco salterebbe se non si trovassero risultati tangibili nella riunione con il premier turco Davutoglu il 7 marzo, «un crash test per Schengen» secondo la Commissione Junker. Ma è Angela Merkel che punta tutte le fiches sul numero sette. In preoccupato silenzio.

Berlino viene attaccata dall’Austria, capofila di un neonato blocco balcanico, e dall’Ungheria che capeggia i quattro paesi di Visegrad, sulla politica di porte aperte ai rifugiati inaugurata a novembre da Angela Merkel e che oramai anche in patria è sempre meno praticata, visto il pacchetto di misure per riformare l’asilo e i ricongiungimenti familiari.

Ieri, il giorno in cui il Consiglio europeo per gli Affari interni è tornato a riunirsi sul dossier migranti, il premier ungherese Viktor Orban si è scagliato contro la politica tedesca, definita nientemeno che «aggressiva» in una intervista alla Bild, e comunque «non priva di alternative».

Orban preferisce i muri e ha già detto che intende mettere a referendum la soluzione delle quote di immigrati da redistribuire obbligatoriamente tra i diversi paesi, una mossa plebiscitaria che in realtà – ha chiarito la magistratura, che potrebbe anche invalidare la consultazione – non avrebbe effetti concreti sulle decisioni di Bruxelles.

L’Austria, pur essendo stata contestata la sua iniziativa di riunire in un contro-vertice dieci paesi della rotta balcanica per un coordinamento separato – il commissario europeo Dmitris Avramopoulos ha detto che «iniziative solitarie non portano da nessuna parte» – è tornata a attaccare la linea tedesca.

Il giovane ministro degli Esteri di Vienna Sebastian Kurz ha affermato che «l’Europa deve abbandonare l’obiettivo di una accoglienza illimitata» e la sua collega agli Interni Johanna Mikl-Leitner ha sollevato la possibilità di buttar fuori la Grecia dall’area Schengen, «se non è in grado di proteggere le frontiere esterne».

Anche per il ministro dell’Interno tedesco Thomas de Maizière – il più critico con frau Merkel – «è chiaro che l’ultima occasione per trovare una soluzione è il vertice Ue-Turchia del 7 marzo, poi l’Europa dovrà prendere misure più drastiche, soprattutto in considerazione del gran numero di persone che stanno ancora affluendo in Grecia». Il governo tedesco paventa l’arrivo di altri 3,5 milioni di migranti in Europa entro il 2020.

Tutto in mano alla Turchia, dunque, che in virtù dei 3,3 miliardi di euro promessi dall’Ue dovrebbe, non si sa come, arrestare i flussi. Ieri per la prima volta alla riunione dei 28 ministri degli Interni europei è stato invitato, come uditore, anche l’omologo turco, a ribadire il ruolo strategico della Turchia di Erdogan nel salvare l’Europa dalla sua incapacità di redistribuire in quote i rifugiati in arrivo, misura che continua a essere indicata come soluzione, insieme a canali umanitari sicuri, dall’Unhcr, l’Agenzia Onu per i rifugiati.

Per Orban dare questo ruolo a Erdogan è pericoloso oltre che «un’illusione». Per de Maizière «ancora una speranza». Per Klaas Dijkhoff, ministro olandese (l’Olanda ha la presidenza di turno Ue), l’ultimo appello prima della bella stagione. Per il ministro lussemburghese Jean Asselborn «una prospettiva tetra, perché se la nostra credibilità è in dubbio va a male Schengen e l’Ue», dopo che già sette paesi hanno ripreso temporaneamente i controlli alle frontiere.

Per rafforzare il ruolo di «tappo» della Turchia si è pensato dunque di affiancargli la Nato. Mercoledì notte a Bruxelles, prima del vertice Ue, si è tenuta una riunione per rendere operativa la flotta atlantica nell’Egeo a guida tedesca già il 7 marzo. Viste le storiche tensioni tra Grecia e Turchia, l’intervento delle navi Nato, insieme a Frontex, potrebbero facilitare le operazioni di recupero dei naufraghi. Nella riunione notturna si è discusso di come i soldati Nato potranno intervenire in acque greche e riportare i superstiti da dove vengono, cioè in Turchia.

Ma il segretario generale Nato Jens Stolten ha chiarito che «il nostro compito non può essere rimandare indietro le barche», la Nato – ha ribadito – può intervenire solo su imbarcazioni in difficoltà.