A conclusione dei Giochi olimpici, Michel Temer non si è fatto vedere. Il presidente a interim ha preferito evitare un’altra ondata di fischi dopo quella ricevuta in apertura, che le manifestazioni hanno moltiplicato in questi giorni in tutto il Brasile. «Fora Temer» hanno scritto sulle magliette e sui cartelli i tifosi presenti alla cerimonia di chiusura a Rio. Il paese attende l’ultima tappa del processo politico alla presidente Dilma Rousseff, che inizierà il 25. Il verdetto verrà pronunciato tra il 29 e il 31 agosto, dopo una votazione del senato a maggioranza dei 2/3 presieduta dal presidente della Corte suprema, il ministro Ricardo Lewandowski.

Se anche questa volta perde, Dilma verrà esclusa dalla presidenza, inabilitata da ogni incarico pubblico per 8 anni. In questo caso, Temer governerà al suo posto fino al 31 dicembre del 2018. Se invece gli avversari non ottengono i 54 voti necessari e la presidente viene assolta dalle accuse di falso in bilancio, potrà tornare alla guida del paese. «Non c’è ingiustizia più devastante di quella che condanna un innocente», ha affermato Dilma, denunciando il golpe istituzionale ordito ai suoi danni da Temer e soci «per proteggersi dall’azione dei giudici». La presidente ha dichiarato che, se tornerà al timone del paese, proporrà un referendum costituzionale sulla possibilità di nuove elezioni e di una diversa legge elettorale, che risolva la frammentarietà del quadro politico e la difficoltà di alleanze stabili. Secondo le inchieste, oltre il 60% dei brasiliani appoggia questa soluzione.

Nell’ultimo congresso in crisi conclamata e sotto la scure delmega processo per corruzione Lava Jato, il suo Partito dei lavoratori (Pt) ha votato una svolta a sinistra e promesso un ritorno ai valori delle origini. Sotto la presidenza di Lula da Silva – uno dei fondatori del Pt -, il paese ha portato fuori dalla povertà oltre 40 milioni di persone. Le alleanze capestro e lo spostamento verso il centro a cui si è vista costretta Dilma nel suo secondo mandato, non hanno però saputo salvare dalla disoccupazione oltre 11,5 milioni di persone, a fronte di una forte contrazione economica e di un debito estero che supera il 70% del Pil (la media dei paesi emergenti è del 45%). Una congiuntura che ha favorito il martellamento delle destre, tornate nel continente e decise a chiudere a proprio vantaggio la lunga parentesi progressista.

Una volta concluso l’impeachment a proprio vantaggio, Temer spingerà più a fondo sul pedale delle privatizzazioni e delle misure economiche antipopolari, che già lo hanno portato ad essere respinto dalla stragrande maggioranza della popolazione. Ma per Temer e il suo gabinetto di corrotti e straricchi non è il consenso popolare il primo obiettivo. Intanto, c’è da accreditarsi sulla scena internazionale e andare da presidente in toto al G20 di Hangzhou, in Cina, il 4 e 5 settembre.

Intanto, c’è da estromettere il Venezuela dal Mercosur, fidando su un governo-fotocopia, quello di Mauricio Macri in Argentina e sulla complicità del Paraguay, altro governo nato da un golpe istituzionale, quello contro Fernando Lugo. Il ministro degli Esteri del Paraguay, Eladio Loizaga, ha annunciato che il suo ambasciatore a Caracas, richiamato per consultazioni la settimana scorsa, non tornerà nella capitale venezuelana e che ogni rapporto diplomatico con il governo di Nicolas Maduro resta «congelato». Maduro ha definito i tre paesi che lo contrastano «la triplice alleanza dei torturatori», e ha denunciato che il governo paraguaiano è formato da «un’oligarchia corrotta e narcotrafficante», il presidente argentino Mauricio Macri è «un perdente storico» e quello brasiliano, Michel Temer, «un dittatore imposto da un golpe». Il governo Temer ha invece ribadito che occorre accelerare il referendum revocatorio contro Maduro.

Rousseff ha annunciato che si recherà in senato per assumere in prima persona la sua difesa. Avrà a disposizione mezz’ora, prorogabile a discrezione di Lewandowski – un progressista in cui sia Rousseff che il Pt ripongono le ultime speranze. Prima di lei, deporranno otto testimoni, due di accusa e sei a difesa, che resteranno isolati in una stanza d’albergo e a disposizione dei senatori per un periodo che può estendersi per oltre 67 ore. Accusa e difesa potranno parlare per un’ora e mezza, con possibilità di replica e controreplica per un’ora. Poi sarà la volta dei senatori, che avranno a disposizione 10 minuti ciascuno, secondo quanto stabilito tra Lewandowski e il Presidente del senato, Renan Calheiros.