L’ordine di non postare in rete altri aggiornamenti è giunto ieri nella redazione di al Wasat, l’unico quotidiano indipendente del Bahrain, intorno alle 19. «La polizia ci ha ordinato, per ragioni di sicurezza nazionale, di non aggiornare più il sito e di interrompere il nostro flusso di informazioni sui social. Temiamo una svolta ancora più autoritaria, anche contro la stampa», ha detto al manifesto una giornalista di al Wasat chiedendoci di non rivelare la sua identità. Timore giustificato anche dall’apertura poche ore prima del processo nei confronti della giornalista Nazeeha Saeed, di France24 e Radio Montecarlo, accusata di aver lavorato per testate straniere senza autorizzazione. Notizie che hanno appesantito una giornata di tensione altissima, con le forze di sicurezza schierate ovunque in questo minuscolo arcipelago del Golfo, posto in una posizione strategica, di fronte alle coste saudite e non lontano da quelle dell’Iran.

La tensione è riesplosa due giorni fa quando sono state eseguite tre condanne a morte, le prime di cittadini bahraniti dal 1996. Ali al Singace, 21 anni, Abbas al Samea, 27, e Sami Mushaima, 42, tutti e tre sciiti, sono stati giustiziati perché ritenuti dai giudici gli autori nel 2014 di un attacco con un ordigno contro una pattuglia della polizia costato la vita a tre agenti, uno dei quali appartenente alle unità speciali inviate nel 2011 dagli Emirati arabi uniti in appoggio di re Hamad bin Isa al Khalifa alle prese con la rivolta di Piazza della Perla, a Manama. I tre, originari del villaggio di Sanabis, sono stati sepolti nel cimitero di Mahooz, ad appena due km di distanza dalla base della V Flotta americana. Re Hamad che si proclama vittima di un «complotto sciita iraniano», non ha mostrato clemenza. È dallo scorso giugno che usa il pugno di ferro contro ogni tipo di opposizione. Ha fatto revocare la nazionalità alla guida religiosa sciita Shaykh Isa Qassim, poi ha bandito il principale partito di opposizione, al-Wefaaq, e ha fatto arrestare il noto attivista dei diritti umani Nabeel Rajab. Una dissidente, Zeinab al Khawajah, è stata costretta all’esilio. Ali Salman, leader di al-Wefaaq, sconta in carcere una condanna a nove anni.

Gli scontri tra dimostranti e polizia vanno avanti da domenica sera, nella capitale Manama e nei centri abitati a maggioranza sciita. I dimostranti ieri avrebbero dato fuoco alla sede della municipalità settentrionale. Nel villaggio di Diraz dove più di frequente la polizia lancia i suoi raid, le condizioni di vita della popolazione sono insostenibili, denunciano gli abitanti. Di fronte a ciò l’Amministrazione Obama e l’Ue restano in silenzio, per interessi strategici e perché l’alleata Arabia saudita, protettrice del Bahrain, sostiene che le tensioni nel Golfo sono frutto della «sedizione fomentata dall’Iran». Re Hamad mantiene rapporti stretti con Londra. Negli ultimi due mesi hanno visitato il Bahrain il principe Carlo, la premier Theresa May e il ministro degli esteri Boris Johnson, mostrandosi sempre calorosi nei confronti del monarca bahranita.